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Biomateriali, tra sogno e realtà

Va detto chiaro e tondo: l’industria manifatturiera ha bisogno di un cambiamento radicale. I prodotti di derivazione petrolchimica e tossici stanno distruggendo i nostri oceani a un ritmo implacabile e a questo si aggiunge il consumo forsennato di risorse energetiche ed idriche dei processi di fabbricazione che si traduce in un quantitativo ingente di emissioni di CO2 ormai fuori controllo. Basti pensare che solo l’industria dell’abbigliamento è il secondo più grande inquinatore delle acque dolci di tutto il pianeta.

È vero, negli ultimi anni sono molte le grandi realtà che stanno cercando di invertire la tendenza, sforzandosi di utilizzare materiali riciclati per le nuove produzioni. Ma questo non basta. Perché il riciclo è un atto fondamentale, ma non risolve il problema alla base: i prodotti restano comunque non biodegradabili e una volta giunti a fine vita restano rifiuti da smaltire.

La frontiera dei biomateriali

Una soluzione per ‘spezzare questa catena’ c’è e si chiama biofabbricazione. La definizione più o meno ufficiale della biofrabbricazione è ‘la produzione di prodotti biologici viventi e non a partire da materie prime come cellule, molecole, matrici extracellulari e biomateriali’.
In parole più semplici è lo sviluppo di prodotti realizzati esclusivamente con materiali organici e quindi biodegradabili al 100%. Originariamente questo termine veniva utilizzato esclusivamente per descrivere alcune tecnologie per la medicina rigenerativa, ovvero per le protesi, poi la ricerca scientifica si è evoluta e questa tecnica ha iniziato a riguardare anche altri settori, da quello tessile a quello dell’edilizia. Il punto sullo stato dell’arte delle tecnologie legate alla biofabbricazione è stato fatto a fine novembre a New York nel corso della Biofabricate 2016 Conference. Ecco alcune fra le innovazioni più interessanti e promettenti che sono state presentate.

La scarpa da ginnastica che imita le ragnatele

© adidas Group (photographer: Hannah Hlavacek)

Si chiama Futurecraft Biofabric la prima scarpa da ginnastica che riproduce la tela tessuta dai ragni. Realizzata dal noto marchio di abbigliamento sportivo Adidas in collaborazione con AMSilk, produttori tedeschi di fibre, la scarpa è fatta di Biosteel, una fibra ad alte prestazioni che replica la seta naturale. Il biomateriale viene realizzato a partire dalla fermentazione di batteri geneticamente modificati: il processo produce un sostrato di polvere che viene poi trasformato in filato da AMSilk. Il procedimento avviene in laboratorio e richiede una quantità di energia e combustibili fossili molto minore rispetto a quella richiesta dalla plastica tradizionale. Il risultato è un tessuto morbido al tatto, elastico, resistente, molto più leggero rispetto alle tradizionali fibre sintetiche e ovviamente completamente biodegradabile.

Il mattone che cresce come un corallo

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Il settore dell’edilizia, si sa, è uno dei più energivori. Una spinta verso la sostenibilità potrebbe arrivare da BioMason, un mattone molto speciale in grado di crescere da solo, così come fanno i coralli ma a partire da materiali semplici come sabbia e batteri. L’intento dell’omonima start-up della Carolina del Nord che lo ha progettato era quello di riuscire ad abbattere le emissioni nocive provocate dal tradizionale ciclo di produzione dei classici mattoni, stimate in 800 milioni di t di CO2 all’anno. BioMason, invece, non deve essere cotto perché va semplicemente coltivato. Alla sabbia versata in appositivi stampi vengono aggiunti dei batteri che, nutriti con un’apposita soluzione, creano cristalli di carbonato di calcio che, in circa 48-72 ore, raggiungono la dimensione adatta all’uso nelle costruzioni. Ma c’è di più: poiché il mattone è un organismo vivente a tutti gli effetti conserva la capacità di assorbire gli agenti inquinanti, rivelandosi quindi ottimo per le facciate mangia-smog che si stanno diffondendo sempre più in edilizia.

Mobili fatti di funghi

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Sgabelli, tavoli, sedie e contenitori fatti di funghi. Ad idearli e realizzarli è l’azienda statunitense Ecovative Design, che ha lanciato una collezione di mobili e oggetti di arredo composti con un materiale alternativo alla plastica e al legno, prodotto con il micelio, quell’insieme di filamenti che costituiscono il corpo (tallo) dei funghi. Il risultato è materiale completamente atossico e 100% biodegradabile. A dire il vero non è la prima volta che Ecovative Design punta sui funghi. Nel suo portfolio ci sono soluzioni per il packaging e soprattutto uno speciale isolante termico realizzati sempre con il micelio. Mushroom Insulation, in particolare, è un’interessante alternativa alle classiche schiume chimiche (EPS, EPE) utilizzate per la coibentazione degli edifici. Le radici formano una fitta e solida membrana isolante che cresce e si auto-genera, all’interno della facciata in legno.

Tessuti di alghe

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L’ultima innovazione è quella di Bioesters società di ricerca statunitense impegnata nello sviluppo di filamenti biodegradabili a base di alghe. L’obiettivo dei ricercatori è quello di creare nuovi tessuti per l’abbigliamento che possano essere completamente naturali e biodegradabili.

Sogno o realtà?

Dopo questa carrellata di prodotti fantastici ma quasi inimmaginabili nella nostra vita quotidiana viene da pensare che sia tutto molto bello ma irrealizzabile. Questo è vero, ma soltanto in parte. Perché se da un lato bisogna ammettere che molte delle innovazioni sono ancora in fase prototipale e presentano moltissimi limiti e problematiche da risolvere, dall’altro la ricerca ci mostra che è possibile immaginare un futuro diverso dal presente che stiamo vivendo. E che le alternative ci sono sempre, basta cercarle e investirci.