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Cambiamento climatico

Le case in riva al mare affondano il mercato immobiliare

Case in riva al mare, da sogno a incubo

Svegliarsi con il dolce suono delle onde, aprire le finestre e tuffare lo sguardo sul mare, scendere quattro scalini e ritrovarsi sulla spiaggia: una casa lungo la costa è sempre stata un sogno per moltissime persone. Ma se un tempo una delle tipiche domande che venivano poste agli agenti immobiliari era: «quanto è vicina la casa alla riva?» oggi, a causa del cambiamento climatico, dell’innalzamento del livello delle acque e dei crescenti eventi meteorologici violenti, le domande più frequenti sono «quanto è lontana dal mare? È sicura in caso di forti mareggiate? È dotata di un sistema energetico d’emergenza?». Proprio così: il sogno delle case in riva al mare è turbato dalle preoccupazioni per un’eventuale emergenza climatica.

Peggio della bolla immobiliare del 2008

A spiegare le conseguenza del cambiamento climatico sul mercato immobiliare è un articolo del New York Times, a firma di Ian Urbina. L’innalzamento delle acque sta trasformando il modo in cui la gente guarda alle case in riva al mare. Gli agenti immobiliari statunitensi stanno infatti iniziando a capire che i potenziali acquirenti sono spaventati – non a torto – dalle inondazioni, e che la vendita di abitazioni lungo la costa diventerà sempre più difficoltosa. Il problema, secondo alcuni analisti, potrebbe essere persino più grave di quello che si può prevedere ad oggi: a loro dire, infatti, l’impatto economico del collasso dell’immobiliare lungo le coste potrebbe essere peggiore di quello creato dalla bolla immobiliare del 2008. Ad oggi gli effetti sono ancora minimi, e le costruzioni lunga le coste non si sono ancora fermate. Scopriremo però solo tra qualche anno se quelle stesse case in riva al mare troveranno degli acquirenti disposti a rischiare.

case in riva al mare

Le preoccupazioni peggiorano con Trump ed Ebell

Stando alle cifre della compagnia Attom Data Solutions, negli ultimi cinque anni le vendite delle case lungo le coste statunitensi inclini alle inondazioni sono cresciute del 25% in meno rispetto a quelle dislocate in lidi più sicuri. Contemporaneamente, sono sempre di più i cittadini delle città costiere che progettano di trasferirsi altrove, lontani dalle onde minacciose. Queste preoccupazioni, stando alle dichiarazioni raccolte dal New York Times, starebbero crescendo ulteriormente anche in conseguenza all’elezione presidenziale di Donald J. Trump, il quale come sappiamo ha più volte dichiarato di non credere al riscaldamento globale; a peggiorare la situazione, poi, è arrivata anche la selezione di Myron Ebell, noto negazionista climatico, alla guida della Environmental Protection Agency.

Freddie Mac: è solo una questione di tempo

Le preoccupazioni di chi possiede delle case in riva al mare erano però già state giustificate dalle parole di Sean Becketti, economista della Freddie Mac, azienda privata con sostegno governativo degli Usa, specializzata nell’emissione di mutui ipotecari. In aprile Becketti aveva spiegato che quella dell’innalzamento del livello del mare è solo una questione di tempo, e che quindi, prima o dopo, la gente lascerà le coste, con evidenti ricadute disastrose sul mercato immobiliare e quindi sull’economia statunitense. Un’altra crisi come quella del 2008, quindi, ma dagli esiti peggiori: in questo caso, infatti, i prezzi delle proprietà non torneranno a salire. Le città costiere, però, non sono una caratteristica dei soli Stati Uniti: in tutto il mondo ci sono infatti più di 150 milioni di persone che abitano in zone ad alto rischio di inondazione nell’immediato futuro.

Il caso della Florida

Quello che spaventa maggiormente i giganti del settore immobiliare – come anche gli economisti statunitensi– è il fatto che il valore degli immobili sprofonderà sott’acqua ancora prima che lo facciano concretamente le proprietà. In molti casi, infatti, edifici di valore sono già aggrediti non da vere e proprie inondazioni, ma dalla marea: non un vero e proprio pericolo, dunque, ma quanto basta per rovinare una casa, creare disagio e fermare il traffico cittadino. È questo, per esempio, il caso della Florida, stato in cui si trovano sei fra le dieci città americane con il maggiore rischio di inondazioni. Nel Sud-Est della Florida si verificano ormai mediamente 10 dannosi flussi di marea all’anno, con una frequenza che va aumentando anno dopo anno: si stima infatti che nel 2045 si arriverà a 240 piccole inondazioni ogni mesi. Ma i problemi della Florida sono solamente la punta dell’iceberg: il 40% circa dei cittadini americani infatti vive e lavora lungo le coste. In molti stanno prendendo delle precauzioni, ma non sono poi tanti i comuni cittadini che possono permettersi la costruzione di una paratia per la propria casa, e sono ancora meno le persone con un disponibilità economica tale da sollevare la propria abitazione attraverso apposite palafitte. Eppure, in Florida come altrove, c’è chi sta preparando queste operazioni, per proteggere il proprio patrimonio immobiliare: a quale scopo, però, proteggere la propria casa, se i quartieri attorno ad essa sono comunque destinati a svuotarsi?