Congo: conflitto tra ranger e bracconieri
Animali

Congo, 150 morti in 25 anni: il sanguinoso conflitto tra ranger e bracconieri

Una vera e propria guerra

Sono soli contro la ferocia dei bracconieri. Laddove non basta il buon senso, il rispetto per gli animali, la legge e l’umanità, a difendere gli animali dalla crudeltà restano unicamente loro: i ranger. Purtroppo, però, in moltissimi casi il loro impegno non basta, di fronte alla ferocia dei bracconieri di tutto il mondo, assetati di sangue e di soldi. A farne le spese, oltre ad animali come elefanti e rinoceronti, sono proprio i ranger, che spesso vengono ripagati per il loro lavoro con la morte. Per fare un esempio, nel solo Parco Nazionale di Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo, famoso in tutto il mondo per ospitare i gorilla di montagna, dal 1990 ad oggi sono stati uccisi in totale 150 ranger: una cifra che spiega più di ogni altra cosa la rilevanza di uno scontro che acquisisce le tinte di un vero e proprio conflitto armato, nel quale, però, i ranger hanno quasi sempre la peggio.

Il Congresso Mondiale dei ranger

Ma, come detto, i ranger sono lasciati da soli: questo si è compreso al Congresso Mondiale dei ranger, tenutosi in Colorado. In tutto sono stati intervistati 570 ranger di 12 diversi Paesi africani, e il messaggio è chiaro: ai ranger mancano gli strumenti necessari per combattere i bracconieri. Loro, che sono l’ultima difesa di fronte al bracconaggio, lamentano infatti di non avere una formazione sufficiente per fronteggiare il nemico, e di non venire appoggiati a dovere dai propri governi. L’82% degli intervistati ha dichiarato di aver affrontato almeno una volta delle situazioni pericolose mentre era a lavoro; il 42% afferma che per svolgere la propria mansione in modo efficace servirebbe una formazione ad oggi inesistente: il 59% lamenta invece di non avere a disposizione delle attrezzature adeguate.

Il coraggio non basta

Tutto questo non succede solo nei parchi africani: anche i ranger dell’Asia infatti rincarano le lamentele. Qui, nelle riserve asiatiche, più della metà dei ranger ammette di aver rischiato la vita nel quotidiano esercizio del proprio lavoro. Tutto questo, tra l’altro, avviene in un contesto che vede molti ranger inquadrati in regimi di assunzione spesso privi di copertura sanitaria (nel 18% dei casi) e di assicurazione sulla vita (36%) come se esercitare questa pericolosa professione fosse comparabile allo starsene seduti in un ufficio. Ma così non è, purtroppo: gli scontri armati tra bracconieri e ranger hanno infatti portato alla morte sei ranger negli ultimi due mesi, in India e nella Repubblica Democratica del Congo. Come ha dichiarato Fredrick Kumah, direttore del Wwf in Africa,

«i ranger africani stanno facendo un lavoro incredibilmente pericoloso: ma in queste condizioni le loro vite e quelle della fauna selvatica del continente sono ancora più a rischio».

L’invito ai governi a fare di più per questi lavoratori è dunque chiaro, poiché «il coraggio non basta: dobbiamo fornire a questi uomini e donne eroici i migliori strumenti a disposizione e la formazione per avere loro il sopravvento contro i bracconieri».