ecosistema urbano 2016
Green economy

Ecosistema Urbano 2016: il declino delle grandi città

Città immobili, che poco o nulla hanno fatto sotto il profilo ambientale. La scoraggiante fotografia della sostenibilità urbana è scattata, come ogni anno, da Ecosistema Urbano 2016, il rapporto realizzato da Legambiente in collaborazione con l’istituto di ricerca Ambiente Italia e la collaborazione editoriale del Sole 24 ore, giunto alla sua XXIII edizione. Dallo studio emerge una sostanziale staticità che non si registra solo considerando i dati attuali con quelli dell’anno precedente, ma che si conferma anche valutando un periodo più lungo, i cinque anni di interi mandati amministrativi.

Il cambiamento green viene dal basso

Agli scarsi passi in avanti compiuti dai grandi centri urbani fanno da contraltare i progressi che si registrano nelle realtà più piccole: i capoluoghi con meno di 80mila abitanti e le città di medie dimensioni. E allo stesso modo all’inerzia delle amministrazioni comunali si contrappongono le iniziative ‘dal basso’ – associazioni, cooperative, comitati di quartiere e addirittura singoli cittadini – che sono ormai diventate il vero motore del cambiamento.

“Questo rapporto racconta un Paese a due velocità: quella delle amministrazioni e quella dei cittadini con le associazioni, i comitati di quartiere, le cooperative solidali – ha dichiarato la presidente di Legambiente Rossella Muroni -. E mentre le prime si confermano lente, rigide e quasi impermeabili ai cambiamenti, le seconde spiccano per vivacità e spirito d’iniziativa con tantissime buone pratiche che pur coinvolgendo concretamente un condominio, una strada o un quartiere, esprimono un’idea di città e di futuro ben più ampia, in grado di coniugare giustizia sociale e vivibilità, cultura e socialità, economia e ambiente. Ci auguriamo che queste iniziative siano da stimolo alle amministrazioni locali per migliorare le nostre città puntando a una nuova socialità e su un senso di comunità che nasce dalla condivisione e dalla cura di uno spazio sano e vivibile”.

Male l’inquinamento, meglio la raccolta differenziata

Gli indicatori utilizzati sono 17, suddivisi in cinque macro categorie: aria, acque, rifiuti, mobilità, energia. In linea generale, sul fronte dell’inquinamento, i valori delle polveri sottili (PM10), del biossido di azoto (NO2) e di azoto sono in forte crescita. Per quanto riguarda i consumi idrici in 55 città capoluogo più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa (4 in più rispetto al 2014) con un valore medio delle perdite della rete idrica in crescita dal 33% al 35%. Male anche la questione dei trasporti pubblici, scarsamente utilizzati a fronte di un tasso di motorizzazione privata che continua a farla da padrone, con un tasso medio di auto circolanti che è praticamente doppio rispetto a gran parte delle capitali europee. Uno dei pochi indici in cui si continua da anni ormai a notare un generale e costante lento miglioramento è quello della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti il cui valore medio è di 45,15%, poco più di un punto percentuale superiore al 43,90% dell’anno passato, dove permane però una forte differenza tra i tassi del Nord e quelli del Sud.

La classifica di Ecosistema Urbano 2016: Macerata al primo posto

Ma veniamo alla classifica delle città più vivibili da un punto di vista ambientale. In testa alla classifica di Ecosistema Urbano 2016 troviamo Macerata, nelle Marche, che scalza dalla vetta Verbania, la vincitrice dello scorso anno, grazie ad alcuni ottimi piazzamenti sia sul fronte dell’inquinamento che su quelli dei consumi idrici e di raccolta differenziata.
Seconda è Verbania, che resta tra le primissime confermando ottimi dati per quel che concerne l’NO2 dove è dodicesima con 21 microgrammi/mc, nelle medie relative alle polveri sottili, nelle perdite della rete idrica e nell’abituale ottimo dato relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti.
Sul terzo gradino si piazza Mantova con un’ottima percentuale di raccolta differenziata che raggiunge il 77% e un secondo posto assoluto nell’indice dedicato alla ciclabilità con 26,66 metri equivalenti ogni 100 abitanti, dietro alla leader Reggio Emilia.

Il declino ambientale delle grandi città

Tra le prime dieci città in classica troviamo capoluoghi al di sotto degli 80mila abitanti (Macerata, Verbania, Mantova, Belluno, Oristano, Cuneo, Savona), tre centri di medie dimensioni (Trento, Bolzano e Parma) e nessuna grande città. Fra quest’ultime Palermo, terz’ultima, ha risultati accettabili solo per i dati legati all’ozono, tra i più bassi in assoluto, e nel numero di auto circolanti con un non esaltante 57 auto ogni 100 abitanti. Performance deludente anche per Milano (73esima), con i peggiori dati in assoluto per le medie dell’Ozono e penultima nelle polveri sottili (fa peggio solo Frosinone), nei consumi idrici (solo Reggio Calabria la supera), e con solo il 4% di copertura dei consumi elettrici domestici provenienti da fonti rinnovabili. Napoli (82esima), mostra perdite della rete idrica che superano il 40% e infrastrutture dedicate alle bici praticamente quasi inesistenti; Roma (85esima), registra pessime medie per NO2, perdite della rete idrica che sfiorano il 45%, elevata produzione di rifiuti e zero per solare installato su edifici pubblici. Infine, Torino (93esima), fa molto male sia per quel che concerne il biossido di azoto (No2), in cui va peggio solo Milano, che nelle medie delle polveri sottili (Pm10).