impatto degli smartphone
Riciclo rifiuti

L’impatto degli smartphone dopo dieci anni dal primo iPhone

Correva il 2007, e la Apple lanciava sul mercato il primo iPhone. Da allora, le nostre vite sono cambiate profondamente. Ovviamente non tutti hanno un cellulare di quel preciso marchio, ma è ormai difficile trovare qualcuno che non abbia uno smartphone capace di navigare in rete, di fare fotografie e di consultare le e-mail. È arduo dire se in meglio o in peggio, ma è sicuro che la nostra vita in questi dieci anni è cambiata profondamente. Per il Pianeta, però, le cose stanno diversamente: lui, senza ombra di dubbio, sarebbe stato molto meglio senza l’impatto degli smartphone. Abbiamo sempre saputo, del resto, che la produzione e il successivo smaltimento dei cellulari comportava un prezzo decisamente troppo alto per l’ambiente. Adesso, però, al decimo compleanno degli smartphone, abbiamo un’ulteriore conferma del loro costo ambientale. Dal 2007 ad oggi, infatti, sono stati prodotti più di 7 miliardi di smartphone, e questa enorme mole di cellulari intelligenti ci è costata l’impiego di circa 968 TWh di energia elettrica, pari, per intenderci, al fabbisogno energetico annuo di un Paese popoloso quanto l’India.

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3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all’anno

A svelare queste cifre impetuose è uno studio condotto da Greenpeace USA , intitolato ‘From Smart to Senseless: The Global Impact of Ten Years of Smartphones‘. Il problema maggiore è che la produzione – e quindi il successivo smaltimento – dei cellulari non accenna assolutamente a diminuire. Anzi: l’impatto degli smartphone continuerà salire, se è vero che nel 2020 ci saranno in tutto 6,1 miliardi di persone con in tasca uno smartphone, ovvero il 70% circa della popolazione mondiale. Un successo inimitabile per questi dispositivi mobili, certo, ma una piaga pericolosissima per il nostro Pianeta. Stando alle cifre raccolte dalla United Nations University, nel solo 2014 la produzione degli smartphone ha causato la creazione di ben 3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. E queste, del resto, sono solamente una minima fetta del totale: si prevede infatti che, nei 12 mesi che stiamo vivendo, a livello mondiale si arrivi a circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici.

La noncuranza delle case produttrici

Le colpe sono equamente distribuite tra i produttori e i consumatori. Da una parte, infatti, i grandi marchi dell’elettronica ci mettono del proprio per fare sì che i vari dispositivi non possano durare molto tempo. Come infatti ha riscontrato Greenpeace Usa, dei 13 modelli esaminati, solo due permettevano la sostituzione automatica delle batterie. In tutti gli altri casi, invece, i consumatori sono praticamente obbligati a cambiare l’intero telefono per il solo malfunzionamento di una batteria esausta. Il risultato è che negli Stati Uniti, mediamente, una persona cambia lo smartphone ogni 26 mesi.

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Dall’ambiente all’uomo: l’impatto degli smartphone

A tutto questo va aggiunto che la produzione stessa degli smartphone prevede dei passaggi che tutto si possono definire tranne che sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che umano. L’estrazione dei metalli preziosi – un cellulare attualmente contiene circa 60 materiali diversi – oltre che essere molto spesso inquinante per l’ambiente circostante, è caratterizzata talvolta da condizioni di lavoro disumane. Oltre a questo, poi, il controllo delle miniere è uno dei motivi principali dei continui conflitti armati che sconvolgono luoghi come la Repubblica Democratica del Congo. Ma non è tutto qui: anche gli stadi successivi della produzione degli smartphone nascondono delle minacce per la salute umana, con l’esposizione degli operai a pericolosi agenti chimici. E l’impatto degli smartphone è inoltre destinato ad aumentare insieme al progresso della tecnologia. Stando a Greenpeace Usa, infatti, più i cellulari diventano potenti, più energia viene richiesta per la loro produzione, il che significa potenzialmente un’accresciuta domanda di energia elettrica da carbone, soprattutto nei Paesi dell’Est.

L’appello alle case produttrici

Ad oggi la popolazione mondiale conta 7,4 miliardi di persone. Di fatto, guardando agli smartphone prodotti negli ultimi 10 anni, che ne sarebbero praticamente a sufficienza per tutti. E questo è assurdo, perché l’impatto degli smartphone sul Pianeta è tragico, e minaccia di esserlo sempre di più. «Quando si considerano tutti i materiali e l’energia richiesta per realizzare questi dispositivi, la loro durata e il basso tasso di riciclo, diventa chiaro che non possiamo continuare su questa strada» ha spiegato Elizabeth Jardim di Greenpeace Usa, aggiungendo che «abbiamo bisogno di dispositivi che durino più a lungo e, in sostanza, abbiamo bisogno di aziende che adottino un nuovo modello di produzione circolare». L’appello dunque non è tanto ai consumatori, quanto alle aziende produttrici, affinché portino sul mercato dei modelli più duraturi. Per esempio, Jardim si domanda cosa farà Samsung con tutti i Galaxy Note 7s ritirati dal commercio: secondo lei, la casa sudcoreana «dovrebbe impegnarsi pubblicamente al riciclo del Galaxy Note 7s, riducendo al minimo l’impatto sulle persone e sull’ambiente».