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Green economy

Quanto pesa la nostra impronta ecologica nel mondo? Ce lo spiega Footprint

Quanto “pesa” la nostra impronta ecologica nel mondo, ovvero, di quanti pianeti avremmo bisogno se tutta la popolazione mondiale consumasse le stesse risorse dei paesi più “spreconi”?

La risposta è fornita da uno studio di Footprint, organizzazione no profit fondata nel 2003 con l’obiettivo di lavorare per un futuro sostenibile.

Secondo Footprint, se vivessimo come il 30% delle nazioni, situate soprattutto in Africa e in Asia, sarebbe sufficiente meno di un pianeta a soddisfare le nostre esigenze. Ma servirebbero più di nove pianeti Terra se la popolazione mondiale vivesse come quella del Lussemburgo. Questo è quello che mostra questa infografica pubblicata sul quotidiano argentino La Nacion.

Nello specifico, l’infografica mostra l’impronta ecologica dell’umanità e riflette il numero di Terre necessarie a produrre le risorse che consumiamo, utilizzando acqua e terreni agricoli, e per assorbire i rifiuti prodotti.

infografica impronta ecologica

Footprint: cos’è e di cosa si occupa

Il concetto di impronta ecologica è stato formulato per la prima volta nel 1990 da Mathis Wackernagel e William Rees all’Università della British Columbia. Da allora, sul concetto di impronta ecologica è nato, in senso più ampio, il movimento Footprint, che comprende anche lo studio dell’impronta ecologica generata dal carbonio e che oggi è ampiamente utilizzato da scienziati, imprese, governi, individui e istituzioni per monitorare le attività ecologiche, l’uso delle risorse e lo sviluppo sostenibile.

Il lavoro della no profit Footprint nasce dalla considerazione che ogni anno l’uomo chieda alla natura più di quanto questa sia capace di rigenerare. Per questo, Footprint realizza studi di settore e fornisce dati a individui, comunità e governi, per permettere loro di gestire meglio le risorse limitate, ridurre i rischi economici e migliorare il benessere.

Dal 2003, anno di fondazione dell’organizzazione, ad oggi, Footprint è entrata in contatto con oltre 50 nazioni, 30 città e 70 partner, per fornire approfondimenti scientifici in grado di impattare sulle politiche locali e sulle scelte di investimento.

La mission dell’organizzazione è aiutare a sconfiggere le eccedenze e gli sprechi in termini ecologici, ponendo questo obiettivo come centrale ai processi decisionali locali.

Il cuore del lavoro di Footprint è l’impronta ecologica. Questa misura la domanda dell’uomo alla natura, espressa come un singolo numero, facile da comprendere e scalabile dal livello individuale al livello globale. Ma cosa si intende in modo più specifico per “impronta ecologica”?

Cos’è l’impronta ecologica e in cosa consiste il lavoro di Footprint

L’impronta ecologica è una metrica che misura quanta natura abbiamo a disposizione e quanta ne utilizziamo. Conoscere l’impronta ecologica aiuta:

  • Gli Stati, a migliorare il benessere e la sostenibilità;
  • I leader locali, a ottimizzare gli investimenti pubblici;
  • Gli individui, a capire qual è l’impatto delle loro azioni sul pianeta.

In modo più specifico, l’impronta ecologica si riferisce alla “domanda” e all’ “offerta” della natura. Dal punto di vista della domanda, l’impronta ecologica misura le risorse ecologiche che una determinata popolazione richiede per produrre le risorse naturali che consuma (inclusi i prodotti alimentari e vegetali, i prodotti ittici, il legname e altri prodotti provenienti dall’utilizzo di boschi e foreste, lo spazio necessario per le infrastrutture urbane) e per assorbire i rifiuti prodotti, soprattutto le emissioni di carbonio.

A questo proposito, l’impronta ecologica traccia l’utilizzo che la popolazione globale fa di sei tipologie di superfici produttive: i  terreni coltivati, i pascoli, i siti destinati alla pesca, le aree costruite, le aree forestali e la domanda di carbonio sulla terra.

Dal punto di vista dell’offerta, ad essere misurata è la biocapacità di una città, di uno Stato o di una nazione, ovvero la produttività dei suoi beni ecologici, intendendo con questo i terreni agricoli, i pascoli, le aree forestali e quelle di pesca, le aree costruite.

Deficit ecologico e riserva ecologica: quali sono le differenze e a cosa bisogna  puntare?

Impronta ecologica e biocapacità sono espresse entrambe in ettari: l’impronta ecologica di ogni città, di ogni Stato e di ogni nazione può essere messa in relazione alla sua biocapacità. Se queste aree sono lasciate all’incuria, possono assorbire molti dei rifiuti che produciamo, soprattutto le nostre emissioni di carbonio.

Se l’impronta ecologica di una popolazione è maggiore rispetto alla biocapacità della regione in cui abita, vuol dire che quella regione ha un deficit ecologico. Questo significa che la domanda di beni e serivizi che fa al suo territorio è maggiore rispetto a quanto quel territorio possa offrire: la quantità di frutta, verdura, pesce, carne, ma anche cotone per abbigliamento, legna per l’arredamento e percentuale di biossido di carbonio emesso, che dovrebbe essere assorbito, è maggiore di quanto gli ecosistemi della regione possano produrre e rigenerare.

Ciò significa che se una regione si trova in deficit ecologico, ha necessità di ricorrere all’importazione dall’esterno per ottenere i beni ecologici di cui è mancante. Se invece la biocapacità di una regione è maggiore dell’impronta ecologica, vuol dire che ha una riserva ecologica che può essere utilizzata ma, ancora meglio, che potrebbe essere tutelata per la sostenibilità futura del territorio.