obiettivi ambientali europei
Cambiamento climatico

Mission impossible: gli obiettivi ambientali europei

Ci siamo già dimenticati delle facce sorridenti, dei discorsi illuminanti e delle strette di mano degli accordi di Parigi 2015? Noi di certo no. Ma alcuni governi sembrano essersi scordati degli obiettivi ambientali europei decisi per rallentare e quindi fermare i cambiamenti climatici. Stando ad una classifica stilata da Carbon Market Watch e da Transport and Environment, due Ong europee che hanno rielaborato i dati sottomessi negli ultimi tempi alla Commissione Europea, solamente Svezia, Germania e Francia stanno effettivamente seguendo il cammino giusto verso gli obiettivi ambientali europei. Le politiche ambientali di nessun altro Paese, all’infuori di questi 3, sembrano essere in linea con quanto stabilito alla Cop21 per mantenere il rialzo delle temperature al di sotto dei 2 gradi centigradi (ricordiamo ancora una volta che ad oggi l’aumento rispetto all’epoca preindustriale è mediamente di circa 1 grado centigrado). E se a chiudere la classifica è ovviamente la Polonia, la quale continua ad insistere sulla strada del carbone, nemmeno l’Italia figura bene. Anzi, diciamola tutta: la classifica stilata dalle due ONG mostra quanto il nostro Paese si sia totalmente disinteressato degli obiettivi ambientali europei: insieme alla Spagna, alla Croazia, alla Lettonia, alla Lituania, alla Romania e alla Repubblica Ceca, il nostro Paese si piazza al penultimo posto, con un punteggio giudicato ‘very poor‘. E tutto questo sta accadendo nonostante l’Italia sia stato uno tra i Paesi a favore dello scenario più ambizioso, ovvero quello del rialzo massimo di 1,5 gradi centigradi. Insomma, tante parole, ma pochi, pochissimi fatti, con la seconda performance ambientale più bassa a livello europeo: che vergogna.

Obiettivi ambientali europei: dal carbon budget alla road map

E dire che il percorso italiano verso gli obiettivi ambientali europei era iniziato bene, con il primato in fatto di energie rinnovabili. Ma è stato un attimo: da lì in poi il governo ha iniziato non solo a disinteressarsi della questione ambientale, ma persino a remare contro, tornando a difendere i combustibili fossili e tagliando gli incentivi alle rinnovabili che tanto di buono avevano fatto. L’operato dell’Italia, dunque, è in tutto e per tutto l’esempio da non seguire per i paesi firmatari degli accordi di Parigi. Ma sul lato opposto, cosa sarebbe davvero necessario fare per rispettare il limite massimo di 2 gradi? Fino adesso si è per lo più parlato del ‘carbon budget‘, ovvero dell’ammontare di emissioni di anidride carbonica che la società umana globale può produrre prima di oltrepassare il limite delle temperature. Ma come si traduce tutto questo in termini concreti? Come si può assegnare ad ogni singolo Paese un limite massimo di emissioni da qui al 2050? Di fatto, in questi termini, non può sorprendere che al giorno d’oggi le probabilità di mantenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2 gradi sia una chimera, in quanto con degli obiettivi talmente vaghi e a lunghissimo termine le scappatoie e i rinvii non possono che essere all’ordine del giorno. L’unica via per garantire il successo di questi obiettivi ambientali europei e mondiali, secondo un gruppo di ricercatori, sarebbe quella di stabilire una road map precisa da seguire puntigliosamente, ed è proprio questo che hanno proposto in un nuovo paper pubblicato su Science.

Le tre condizioni di partenza

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Tutto parte da tre condizioni fondamentali. I ricercatori hanno infatti dichiarato che, affinché gli obiettivi di Parigi possano essere rispettati, si debbano avverare queste tre differenti situazioni:

  • Le emissioni globali di anidride carbonica di origine industriale devono venire dimezzate in ogni decennio da qui al 2050: questo vuol dire che dal 2020 al 2030 le emissioni dovranno essere tagliate della metà, e lo stesso dovrà accadere nel decennio successivo e in quello dopo ancora.
  • Le emissioni provocate dall’utilizzo del suolo (per esempio agricoltura e deforestazione) devono essere azzerate entro il 2050, e questo dovrà accadere nonostante la prevista crescita impetuosa della popolazione mondiale
  • Secondo i ricercatori, entro il 2050 dobbiamo riuscire a risucchiare fuori dall’atmosfera terrestre almeno 5 gigatonnellate di anidride carbonica all’anno: questo vuol dire in primo luogo che dobbiamo sviluppare delle tecnologie in grado di fare questo passo. In caso contrario, infatti, non riusciremo ad avere un’atmosfera in grado di stoppare il cambiamento climatico, in quanto il suolo e le foreste terrestre riescono a rimuovere ‘solo’ 3,3 gigatonnellate di anidride carbonica all’anno.

I primi passi della road map

Insomma, non basta buttarsi sulle energie rinnovabili. Per iniziare, ancora prima del 2020, bisognerebbe reindirizzare 500 miliardi di dollari che ogni anno vengono convertiti in sussidi perle energie fossili, per poter così preparare delle vere strategie per la decarbonizzazione. Dal 2020 al 2030 i paesi Sviluppati devono eliminare completamente il carbone, mentre il suo utilizzo deve diminuire anche nei Paesi più poveri, mentre le vendite di automobili a combustibile devono di fatto essere proibite in vista del decennio successivo, con la crescente e totalizzante elettrificazione dei trasporti. A tutto ciò va sommato il crescente utilizzo di batterie per l’accumulo dell’energia rinnovabile… ma tutto questo sarà quasi inutile senza una tecnologia in grado di espellere dalla nostra atmosfera l’anidride carbonica in eccesso. Ma quanto eravamo ottimisti nel 2015 con gli obiettivi ambientali europei di Parigi?