riduzione della biodiversità
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Riduzione della biodiversità: il ghiaccio tornerà… gli animali estinti no

Quando parliamo delle conseguenze del cambiamento climatico, solitamente pensiamo al progressivo incremento delle temperature, all’aumento del livello dei mari, allo scioglimento dei ghiacci e ai fenomeni meteorologici estremi. Ci dimentichiamo però spesso di un’altra conseguenza letale del climate change, ovvero della riduzione della biodiversità: tutti i fattori che abbiamo elencato, insieme a tanti altri, stanno infatti portando alla riduzione della biodiversità, ovvero alla poderosa estinzione di specie animali e vegetali.

La riduzione della biodiversità è definitiva

È naturale che alle conferenze sui cambiamenti climatici non si parli principalmente della riduzione della biodiversità, quanto invece dei rischi diretti che corrono le nostre città di fronte agli effetti dell’inquinamento massiccio. Eppure l’estinzione di animali e vegetali potrebbe essere concretamente la peggiore tra le conseguenze dello stravolgimento del clima: stiamo infatti parlando della perdita definitiva di interi ecosistemi i quali, una volta estinti, non potranno più tornare.

Si potrebbe persino pensare che, dopo l’aumento da record delle temperature incentivato dall’inquinamento di origine antropica, seguirà una glaciazione. In questo senso, dunque, i ghiacci che oggi si stanno inesorabilmente sciogliendo ai poli e sulle vette delle nostre più alte montagne potrebbero tornare. Una magra, magrissima consolazione. Ma attenzione: quello che potrebbe succedere per i ghiacci non potrà certo ripetersi per gli animali estinti. La riduzione della biodiversità è definitiva, in quanto una specie effettivamente scomparsa non torna, e non tornerà mai.

La sesta estinzione di massa della Terra

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Quella che sta vivendo il nostro Pianeta potrebbe essere la sesta estinzione di massa, dopo quelle causate da asteroidi, da ere glaciali e da attività vulcaniche. Ma questa volta sarebbe diverso, in quanto la colpa sarebbe nostra: le nostre emissioni nocive, il nostro consumo di suolo, il nostro bracconaggio, e il cambiamento climatico ad accelerare il tutto. Stando a quanto spiegato in uno studio pubblicato nel 2015 su Science Advances, per esempio, l’attuale tasso di estinzione sarebbe di 100 volte superiore al normale. Secondo i numeri di quello studio, dunque, nel giro di qualche generazione umana potremmo arrivare a perdere una cosa come il 50% delle specie animali. E va sottolineato che non siamo assolutamente in grado di monitorare tutte le specie per avere un riscontro fedele circa la riduzione della biodiversità: ci sono molte specie animali nelle foreste meno conosciute e nelle profondità degli oceani che scompariranno prima ancora di essere catalogate.

Un numero crescente di estinzioni

Se la nostra società non inizia effettivamente a ridurre le sue emissioni – puntando poi non solo ad eliminarle del tutto, ma anche ad eliminare gli inquinanti presenti nell’atmosfera – la riduzione della biodiversità sarà enorme, e sarà anche veloce. Continuando a questi ritmi, senza un reale mutamento per quanto riguarda le emissioni, il 16% delle specie sarà minacciato dal cambiamento climatico entro la fine del secolo. Il rinoceronte nero occidentale, il pesce spatola cinese, il rospo dorato, lo stambecco dei Pirenei, il leopardo di Zanzibar, lo svasso gigante, la tigre di Giava, quella di Bali e quella del Caspio, il grizzly messicano: queste sono solamente alcune delle specie animali scomparse negli ultimi decenni. Rischiare di continuare e di aumentare a dismisura questa riduzione della diversità significa cancellare milioni di anni di evoluzione.

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Cosa fare per fermare la riduzione della biodiversità

Mark Urban, biologo e professore associato della University of Connecticut, ha spiegato che con la riduzione della biodiversità «stiamo bruciando i più grandi libri della Terra prima ancora di averli letti». Ma cosa dobbiamo fare per fermare questa drammatico processo? In un suo intervento sul Guardian, Urban elenca diversi punti per arrestare il turbine di estinzioni:

  • Per prima cosa, gli stati Uniti devono ritornare tra i ranghi degli Accordi di Parigi, così da dare il loro fondamentale contributo nel mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2 gradi centigradi;
  • Dobbiamo studiare di più la natura. Come spiega Urban, «in molti casi non sappiamo quali specie sono più a rischio e cosa dobbiamo fare per salvarle. Tutti quanti, cittadini e scienziati, dovrebbero tornare a studiare come funziona la natura»;
  • Dobbiamo sfruttare le nuove tecnologie per realizzare delle previsioni sempre più fedeli e precise dei cambiamenti climatici, così da poter individuare soluzioni sempre più efficaci;
  • Dobbiamo mettere in campo un ampio numero di strategie per proteggere quante più specie possibili; dai corridoi per permettere il passaggio di animali tra un parco all’altro fino alla movimentazione coatta delle specie. Siamo infatti tenuti fare tutto il necessario per preservare le specie animali e vegetali.

Questo è quanto riportato da Urban, ma ovviamente gli accorgimenti per fermare la riduzione della biodiversità sono tantissimi. Chi immaginerebbe, per esempio, che potrebbero esserci dei collegamenti tra le zone morte degli oceani e l’utilizzo dei fertilizzanti? Ebbene, l’azoto usato per fertilizzare i campo del Midwest finisce poi nelle acque del Mississippi, che sfociano nel Golfo del Messico, andando ad eliminare l’ossigeno delle cosiddette, per l’appunto, zone morte oceaniche. E questo è solamente uno dei tantissimi esempi di come stiamo effettivamente contribuendo in modo massiccio alla riduzione della biodiversità.