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Agricoltura

Israele butta erbicidi sui campi coltivati di Gaza

Erbicidi a scopo di sicurezza

Quello che è successo lungo il confine tra Israele e Gaza negli ultimi giorni ha dei sinistri richiami con i tempi peggiori della guerra in Vietnam, quando nessuna mossa contro l’avversario era considerata eccessiva. Israele ha infatti dichiarato ed ammesso di aver irrorato una lunghissima striscia di terreno con degli erbicidi, a scopo di sicurezza. A rivelare il misfatto è stato il magazine online +972, il quale ha contattato le Forze di Difesa Israeliane a riguardo, strappandone una dichiarazione ufficiale: «L’irrorazione aerea di erbicidi e inibitori della germinazione è stata portata avanti nella zona lungo la recinzione di confine, allo scopo di consentire le migliori operazioni di sicurezza».

No grow zone

Ma la dichiarazione ufficiale di Israele non dice tutto. Perché ad essere cosparsi di erbicidi non sarebbero stati solamente dei prati selvaggi, ma anche dei campi coltivati dai contadini della Striscia di Gaza, i quali del resto possono contare su ben poco terreno fertile, localizzato quasi totalmente lungo il confine con Israele. Di fatto tutto questo è un’evoluzione della strategia difensiva di Israele: se fino ad oggi esisteva solamente la ‘no go zone‘, un’area larga centinaia di metri definita unilateralmente dal governo israeliano nella parte palestinese della barriera, in cui il solo camminare viene punito con la morte dai cecchini israeliani, pronti a fare fuoco senza nessun avviso, da ora sembra esistere anche una ‘no grow zone‘, un’area lungo la quale perfino la vegetazione è stata bandita.

Colture palestinesi nel mirino

Stando alla stampa palestinese, l’irrorazione sarebbe avvenuta alle prime luci del mattino per tre giorni consecutivi, con la conseguente distruzione totale di ben 421 acri coltivati dai palestinesi. Paradosso su paradosso, ad aggravare la situazione sta anche la mancanza di un limite netto della ‘no go zone’: i contadini palestinesi, infatti, non sono a conoscenza del confine esatto definito da Israele, e si ritrovano spesso a coltivare campi giudicati troppo vicini alla barriera, passibili dunque di colpi da parte dei cecchini e, da adesso, anche di erbicidi.

La convenzione non firmata

C’è poi la scottante questione legata all’alta tossicità degli erbicidi irrorati: essi possono causare infatti danni anche alle persone e alle falde acquifere. Proprio per questo, dopo i disastri causati dagli Stati Uniti in Vietnam con l’utilizzo indiscriminato del famigerato Agente Arancio nella giungle in cui si nascondevano i Vietcong, la comunità internazionale firmò la Convenzione Enmond, attraverso la quale si mettevano al bando gli erbicidi e i defolianti per uso militare. Tale convenzione risale al ’78, ma il governo di Israele non la firmò.

Il lavoro della Croce Rossa Internazionale

A rendere ancora più truce l’azione israeliana c’è anche il fatto che i campi coltivati lungo il confine da parte palestinese erano stato incentivati dalla Croce Rossa Internazionale, la quale aveva stanziato fondi ai contadini affinché fossero ripristinati i pozzi, i sistemi di irrigazione e le serre, oltre a finanziare l’acquisto di sementi e rendere nuovamente percorribili le strade dell’area.