acquacoltura sostenibile
Agricoltura

Acquacoltura sostenibile e pesci vegetariani

Quello dell’acquacoltura sostenibile è un tema caldo e parecchio dibattuto; anche in Italia recentemente se ne è parlato molto durante Acquafarm 2017, organizzata a Pordenone  dove si è cercato di delineare le nuove politiche e le nuove pratiche che vedremo presto applicate in questo campo.
Tra le tante dovrebbe esserci un innovativo procedimento che avrebbe come scopo finale quello di trasformare un allevamento di pesci tradizionalmente carnivori in vegetariani. L’esempio principale si può fare con un dei pesci più comuni: la trota. Si tratta di una delle principali specie di pesce d’allevamento presenti in Europa e la sua dieta si basa sulla cattura di piccoli pesci selvatici. L’obiettivo di questo nuovo sistema di acquacoltura sostenibile è proprio quello di ridurre la pressione sulle risorse marine trovando dei sostituti a base vegetale.

Acquacoltura sostenibile (e vegetariana)

Il 50% del pesce consumato nel mondo proviene da allevamenti ittici. E in Europa, la maggior parte delle specie sono carnivore. Il loro cibo contiene farina di pesce e olio di pesci più piccoli catturati in acque marine, ma dato che la disponibilità di pesce selvatico non è più sufficiente per soddisfare il crescente settore della piscicoltura ecco che questa azienda di Donzac, nel sud della Francia, sperimenta degli alimenti di origine vegetale più sostenibili. L’obiettivo è quello di utilizzare le proteine ​​vegetali invece di proteine ​​del pesce”, spiega il responsabile dell’azienda Frédéric Terrier. “Dieci anni fa, il cibo era composto per il 30 o 40 per cento di farina di pesce. Oggi che è stato ridotto tra il 15 e il 20 per cento e stiamo lavorando per ridurlo ulteriormente.”

Per il momento nessun problema

Un progetto europeo su larga scala di acquacoltura sostenibile ha esaminato questo spostamento a livelli molto bassi di farina di pesce e olio di pesce per le cinque specie d’allevamento più importanti d’Europa: la trota iridea, i salmoni, le carpe, le orate e i branzini. Tutto il ciclo di vita dei pesci, la crescita, la salute, la capacità riproduttiva e le qualità nutrizionali, sono elemento presi in esame dallo studio e “Finora, abbiamo visto chiaramente che tutte queste specie stanno bene e non danno segnali che possono in un certo senso far pensare a un effetto nocivo a qualsiasi livello. In alcuni rari casi, quando ci si avvicina a livelli prossimi allo zero, allora si possono vedere alcuni effetti negativi di questa dieta” ha spiegato Sadasiva Kaushik, coordinatore del progetto.

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Omega 3 a rischio scomparsa

L’Agricultural Research Institute ha verificato che con una dieta a base vegetale al 100 per cento si riscontrano nei pesci un ritardo nella crescita e una difficoltà nella riproduzione. Tuttavia secondo gli scienziati esistono delle soluzioni che possono e devono essere prese in considerazione. Mangiando solo alimenti di origine vegetale alcuni pesci producono meno acido grasso omega 3, ma è possibile un paio di settimane prima della macellazione dare a questi pesci degli alimenti a base di ingredienti marini. Questo produrrebbe un effetto re-switch nella composizione degli acidi grassi.

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Il futuro è nelle proteine vegetali

Uno dei partner del progetto è anche uno dei produttori leader a livello mondiale di cibo per pesci e anche in questo settore, non solo nella ricerca, c’è la ferma convinzione che il futuro sia nelle proteine di origine vegetale.
Oggi grano, colza, mais, vitamine e minerali, sono combinati con farina di pesce e oli di pesce. “Sappiamo come fare il cibo utilizzando soltanto tra il 2 e il 5 per cento di farina di pesce e tra il 2 e il 5 per cento di olio rendendo ugualmente una trota completamente commestibile, sana e gustosa”, ha detto Michel Autin , Marine product manager di  Biomar che ha poi continuato: “C’è una certa riluttanza tra i piscicoltori richiedono determinati livelli di olio e farina di pesce perché si sentono più sicuri. Questo è del tutto naturale e legittimo, ma la tendenza sarà quella di utilizzarne sempre meno” tanto che nuove forme di allevamenti basati su delle proteine ​​derivate da alghe o insetti dovrebbero essere messe in produzione per cibare i pesci d’allevamento molto presto.