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Architettura sostenibile

Architettura partecipata: 10 giovani architetti ridisegnano un piccolo borgo

Oggi vi vogliamo parlare di architettura partecipata: dieci giovani architetti, provenienti non solo dall’Italia ma anche dalla Russia e da altri Paesi europei, si sono riuniti per mettere a frutto la propria creatività e rilanciare un paesino del quale, non abbiamo molti dubbi, non avevano sentito parlare fino al giorno prima. L’iniziativa di architettura partecipata che vi vogliamo raccontare oggi, per il contesto in cui si è svolta, assume un po’ le tonalità della fiaba: non ci sono personaggi fantastici, ma ci sono la creatività degli architetti, l’ospitalità degli abitanti di un piccolo borgo e tanta voglia di ripartire da capo, senza però dimenticare il passato.

La rinascita di Borgo Serrucce

Nel bel mezzo dell’Appennino Tosco-Emiliano, appoggiato dolcemente sul costone della Valle del fiume Setta, con una orgogliosa vista sui Monti Cimone, Corno delle Scale e Vigese, sorge l’ameno Borgo Serrucce di Ripoli, nel Comune di San Benedetto Val di Sambro. Piccolo, antico, attraversato da strette stradine acciottolate che lambiscono cortiletti soleggiati, rinfrescanti fontane e intriganti sottopassaggi: probabilmente non avete mai sentito parlare di questo paesino, eppure l‘Autostrada del Sole che scorre lì vicino, negli anni del boom economico italiano, aveva trasformato questo borgo di pietra in un luogo di villeggiatura, l’ideale per quei cittadini fiorentini e bolognesi alla ricerca di quiete, di silenzio e di natura. Ma si sa, tale modello di turismo, per lo meno in Italia, è andato scomparendo quasi del tutto in questi ultimi anni. A Borgo Serrucce, poi, questa trasformazione è stata accelerata e portata a termine ancor più bruscamente che altrove dalla parallela costruzione della famigerata Variante di Valico, il cui tunnel passa proprio sotto il paese: da qui i problemi di dissesto idrogeologico, che hanno portato a pesanti lavori successivi e ad un’accelerazione dell’abbandono del borgo. Ma non tutto è perduto: i residenti vogliono rilanciare il proprio angolo di paradiso, rivolgendosi a tutt’altro tipo di turismo, quello lento e sostenibile degli escursionisti e dei ciclisti.

Francesco Piccinelli

L’architettura partecipata di Camposaz

Questa curiosa iniziativa di architettura partecipata è nata in seguito ai laboratori di “Bassa Velocità” in Val di Setta, un progetto nato per l’appunto dalla volontà di riscoprire con lentezza le ricchezze del territorio di questa valle appenninica. A coinvolgere gli abitanti della valle al rilancio del territorio attraverso questi laboratori è stata la società Ciclostile, la quale, per mostrare le più varie possibilità di riqualificazione, aveva invitato tempo addietro l’associazione trentina Camposaz, un’associazione che da alcuni anni promuove dei workshop internazionali su più giorni per sviluppare dei progetti sensibili al paesaggio e stesso tempo pratici e sostenibili. E tale era stato l’interesse intorno alle proposte di architettura partecipata e sostenibile dei membri di Camposaz che quelli di Ciclostile hanno deciso di richiamare nuovamente in territorio emiliano i giovani architetti e le loro fresche idee.

Francesco Piccinelli

10 giovani, 10 giorni in sinergia con la comunità

Attraverso un apposito bando internazionale Camposaz ha radunato a Borgo Serrucce 10 giovani architetti, designer e ingegneri provenienti dalle più disparate latitudini italiane ed europee: qui, coccolati e accompagnati dalla calorosa ospitalità degli abitanti del borgo, hanno dato vita ad un’originale ed irripetibile esperienza di architettura partecipata, costruendo degli oggetti architettonici in legno in grado di amalgamarsi e di interagire con le costruzioni del paesino ma soprattutto con il paesaggio appenninico circostante. Quelli di Camposaz chiamano queste loro costruzioni ‘plastici 1:1’, installazioni temporanee progettate e costruite sul posto con l’aiuto entusiasta degli abitanti. E i luoghi per queste costruzioni non sono ovviamente scelti a caso: si cercano infatti degli spazi menomati, posizioni scomode o luoghi dimenticati, come gli spiazzi vicini alle case abbandonate, un angolo di strada sottovalutato e quant’altro. Così, quello che prima era un angolo anonimo, grazie a questa iniziativa di architettura partecipata diventa uno spazio reinventato, nel quale sia il turista che l’abitante del paese possono fermarsi, per socializzare e conoscere meglio il territorio. Dieci sono stati i giovani coinvolti nel progetto, e dieci anche i giorni che hanno passato a Borgo Serrucce disegnando e costruendo con le proprie mani queste nuove strutture pensate per la socialità e per la sosta. Come spiega Valeria Zamboni, tra i coordinatori dei lavori, «con i nostri workshop studenti e neo-laureati in architettura, ingegneria e design si ritrovano in contesti sempre nuovi e diversi e, nel corso dei giorni, finiscono con il creare di volta in volta una vera sinergia con la comunità ospitante». Queste iniziative di architettura partecipata, dunque, diventano delle esperienze doppiamente costruttive. A Borgo Serrucce, in particolare, «i cittadini ci hanno accolto letteralmente in casa loro e ci sono stati molto vicini durante i lavori, anche perché erano stati preparati dal percorso partecipativo».

architettura partecipata

I workshop di Camposaz

«I workshop di Camposaz sono nati quasi per caso e adesso crescono di anno in anno del tutto spontaneamente, grazie all’entusiasmo delle persone che si interessano alle nostre iniziative di architettura partecipata» ha commentato Valeria Zamboni. E se quello di Borgo Serrucce era l’ottavo appuntamento, tanti altri ce ne sono alle porte: altre squadre di giovani progettisti saranno infatti impegnati a breve nelle terre terremotate del centro Italia, ma anche in Portogallo e in Transilvania. Di idee fresche per ripensare i paesaggi urbani e non, infatti, ne servono ovunque.