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Bicicletta

La bicicletta del futuro è smart e connessa alla rete

Più sicurezza per i ciclisti

Quanti di noi sarebbero incentivati a utilizzare la bicicletta se ci fosse una maggiore garanzia di sicurezza? È inutile negarlo, andare in bici, soprattutto nei grandi centri urbani, può essere molto pericoloso. L’eccessivo traffico e l’assenza in molti casi di percorsi ciclabili preferenziali rendono la viabilità a due ruote una vera e propria sfida quotidiana, quasi solo per ecologisti convinti. Sebbene un reale cambiamento in termini di mobilità sostenibile potrebbe arrivare soltanto con alcune misure di ordine politico, normativo e culturale c’è chi punta sull’innovazione hi-tech per offrire al consumatore delle soluzioni che potrebbero cambiare radicalmente l’esperienza del viaggio in bicicletta, rendendolo più sicuro.

Una bici connessa all’Internet of Things

Parliamo del prototipo di bicicletta pieghevole connessa all’Internet of Things (IoT), lanciata da Brompton, brand londinese fra i più noti al mondo nella produzione di city bike. È una vera e propria bici smart quella ‘promessa’ da Brompton, dotata di una serie di sensori e dispositivi che, collegati alla rete, consentono al ciclista di ottenere una serie di informazioni e alert per prevenire, o affrontare, situazioni di pericolo.
Si va dalle segnalazione su traffico e meteo in tempo reale, proponendo al contempo percorsi alternativi per evitare tratti eccessivamente congestionati o suggerendo soste e vie più brevi in caso di allarme pioggia. Sempre per evitare incidenti il ciclista viene avvertito nel caso in cui un veicolo si stia avvicinando troppo. Se invece il sistema non è riuscito ad evitare scontri o cadute viene inviata immediatamente una richiesta di soccorso. In caso poi di strade poco illuminate il dispositivo regola in autonomia l’intensità dell’illuminazione della bicicletta per renderla sufficientemente visibile.
Ma le funzionalità vanno oltre gli aspetti della sicurezza in senso stretto. Un’opzione consente ad esempio di monitorare la qualità dell’aria e i livelli di smog mentre un’altra avvisa chi ci sta attendendo, a casa o in ufficio, che stiamo arrivando.

Quanto è reale il rischio di hackeraggio?

L’innovazione ha suscitato sui media, londinesi e non solo, un’onda di reazioni contrastanti. C’è chi ha accolto la novità con entusiasmo e chi invece ha mostrato scetticismo, sostenendo che per promuovere la mobilità sostenibile e la sicurezza su strada non servono innovazioni tecnologiche ma politiche di sostegno. Ma la questione principale, che si ripropone ogni qual volta si parta di Internet delle cose, è legata agli aspetti della privacy e sicurezza, informatica in questo caso. Qualsiasi dispositivo che tiene traccia e memorizza dati, modelli, accessi e abitudini è un obiettivo allettante per gli hacker. Se è vero che l’integrazione e l’interconnessione dei sistemi promette efficienza, innovazione ed intelligenza è altrettanto vero che il rischio che dati ed informazioni di natura privata vengano intercettati e utilizzati per fini illeciti è non solo plausibile ma, come hanno dimostrato molti report di settore, concreto. Questo non vuol dire che bisogna abbandonare la strada della ‘smartness’ ma che ci sia bisogno, secondo alcuni opinionisti, di un’evoluzione nei sistemi di protezione per evitare una catastrofe 2.0.