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Green economy

Direttoo, la startup che accorcia la filiera alimentare

Lo scorso 17 novembre si è svolto a Roma, presso la sede di Luiss EnLabs – La fabbrica delle Startup, l’Investor day, ovvero il momento in cui le startup, dopo aver affrontato un periodo di accelerazione, vengono presentate a potenziali investitori. Tra queste startup una ha subito catturato la nostra attenzione. Si tratta di Direttoo una piattaforma digitale di compravendita che verticalizza il rapporto tra i produttori e i ristoratori, rivoluzionando e accorciando la filiera del mercato agroalimentare. Quello dell’agritech è un tema molto caro a green.it e lo abbiamo già affrontato in altre occasioni.

Direttoo nasce dalla felice intuizione di Diego Pelle, un ristoratore, e di Chiara Mastromonaco, una produttrice di vini ed esperta di marketing e moda con una specializzazione nel settore del lusso. La storia di Direttoo nasce quindi nella maniera più semplice possibile, ovvero da Diego che comprava il vino per i suoi ristoranti da Chiara. Da un semplice rapporto commerciale, ecco l’idea che secondo loro rivoluzionerà la filiera garantendo, ad oggi, un modello di business unico nel suo genere.direttoo

Direttoo raccontata dal CEO Diego Pelle

Abbiamo raggiunto telefonicamente Diego Pelle, il CEO di Direttoo, bloccandolo sull’uscio della porta di casa mentre era in partenza per Berlino per andare a presentare anche lì la piattaforma.

Come nasce l’idea direttoo? “Nasce dall’unione delle nostre passioni e dalle differenti esperienze nel campo della ristorazione. Esperienze che ci hanno portato a vedere nel mercato una lacuna che poteva essere colmata dalla nostra idea”.

Cosa intendete esattamente quando parlate di accorciare la filiera agroalimentare? “Vogliamo abbattere i costi di distribuzione mettendo in contatto diretto il ristoratore e il produttore. Questo dialogo permetterà di avere maggiori garanzie sulla qualità dei prodotti e assicurerà più entrate al produttore e maggiore qualità sul piatto che il ristoratore servirà al cliente”.

Il concetto di chilometro zero rientra nella vostra filosofia di brand? “Assolutamente sì. Abbiamo calcolato che su Roma (in fase di sperimentazione la piattaforma è stata testata solo nel Lazio, ndr) il 95% dei prodotti lavorati che finiscono nel piatto o nel bicchiere del cliente non sono di produzione locale”.

Il motivo è da ricercare nei costi? “No, tutt’altro. Dalle nostre analisi possiamo dire che il prodotto locale non arriva nei ristoranti semplicemente perché non viene offerto. Potendo fare un esempio direi che il mercato del chilometro zero è come un mercato rionale dove trovare i prodotti freschi. E la distribuzione non passa per il mercato rionale prima di arrivare al ristoratore”.

In quest’ottica di ricerca del risparmio e conservazione della qualità, che altro servizio svolgete? “Percorriamo per i produttori il così detto ultimo miglio. Abbiamo aperto un hub che raccoglie la merce e sgrava il produttore dalle spese di consegna. Molti nostri clienti spesso rinunciavano ad andare in pieno centro a Roma per un guadagno che non valesse il viaggio. Ma adesso noi possiamo raccogliere i loro prodotti, tenerli nell’hub e compiere noi invece del produttore l’ultimo piccolo tragitto verso il ristorante. E possiamo farlo per un numero indefinito di locali moltiplicando così il loro guadagno”.direttoo2

Ultimamente vanno di moda le agritech, voi come vi differenziate? “Oggi possiamo dire che siamo gli unici al mondo a offrire questo tipo di servizio”.

Come vi trova un potenziale cliente? “Molti addetti ai lavori già li conoscevamo grazie alle nostre precedenti esperienze. Per il resto abbiamo lavorato molto sia con adwords sia sul posizionamento della nostra piattaforma”.

Prossimi passi? “Durante l’investor day abbiamo chiesto un finanziamento di 500.000 euro. Che sommati ai 500.000 già raccolti dovrebbero consentirci di iniziare nel 2017 un test in Lombardia, dove applicheremo lo stesso modello laziale”.

Di fatto, quindi, come guadagnate? “Tratteniamo un fee dal lato del produttore, mentre non tratteniamo nulla dal lato del ristoratore”.

Durante l’investor day si è parlato di un fee che oscilla dal 10 al 20% puoi parlarcene con più precisione? “Preferirei soltanto dire che è un fee decisamente inferiore a quello di un normale distributore”.

Come vedete Direttoo tra un anno? “Nel 2018 vogliamo solidificare la massa critica (ovvero creare una forte base di clienti, tra i 1000 e i 1500 ndr) e attestarci sul mercato come un player di rilievo. Probabilmente dovremo fronteggiare qualche competitor che sicuramente nascerà”.

Non pensate che la vostra idea possa far gola a qualche grande player? Ovviamente parlo di Amazon Prime“Se qualcuno dentro amazon volesse conoscerci meglio e se un’eventuale offerta ci lasciasse liberi di esprimerci e di portare avanti il lavoro col nostro know how… perché non pensarci?”