Le foreste asiatiche bruciano, e la colpa è (anche) nostra
LA MERENDINA BRUCIA LA FORESTA. Le foreste del sudest asiatico stanno bruciando, e in parte è colpa nostra. Noi che mangiamo biscotti, merendine, snack salati, creme spalmabili, alimenti che in gran parte sono stati fatti con l’olio di palma. Ma cosa c’entra la nostra colazione o la nostra merenda con le foreste e i fiumi dell’Indonesia? Purtroppo il collegamento esiste, e non è nemmeno difficile da evidenziare: la popolazione locale appicca indendi alla foreste per far posto alle ben più remunerative piantagioni di palma da olio.
INCENDI E INQUINAMENTO. Stando alle stime pubblicate dall’Ecologist, ogni anno vengono bruciati più di 100 mila ettari di torbiere e foreste indonesiane. Incendi enormi, che rilasciano gigantesche quantità di carbonio nell’atmosfera, andando ad inquinare l’aria e i grandi fiumi asiatici, così da compromettere ancora di più la già malmessa situazione asiatica dell’inquinamento. Gli incendi di bonifica, così come li intendono i colpevoli, sono i responsabili di ben l’85% dell’inquinamento dell’Indonesia. Basti pensare che a causa delle immense nubi di fumo rilasciate dagli incendi sono state chiuse centinaia di scuole, e circa 600 voli commerciali sono stati soppressi. E le nubi di fumo non interessano solo l’Indonesia: anche Singapore e parte della Malesia ne sono oscurate.
FUOCHI ETERNI. Ovviamente le autorità indonesiane stanno cercando di isolare il problema: il presidente Joko Widodo ha dichiarato di aver inviato circa 12 mila uomini per spegnere gli incendi, ammettendo però che per una completa risoluzione del problema ci vorranno almeno tre anni. Ma ancor prima di cercare di arginare questa pessima abitudine agricola, bisogna spegnere gli incendi tuttora divampanti, un’operazione tutt’altro che semplice, in quanto il fuoco viene continuamente alimentato dalla torba presente nel suolo. A peggiorare la situazione, poi, c’è anche l’anormale prolungamento della stagione secca, la quale farà attendere ancora per molto tempo le piogge che potrebbero spegnere gli incendi. Per tutti questi motivi, il governo indonesiano non prevede di poter spegnere completamente tutti i fuochi prima della fine di novembre.
L’ORIENTE BRUCIA, L’OCCIDENTE MANGIA. Di fronte a questa catastrofe ambientale le autorità indonesiane hanno messo sotto inchiesta più di 200 compagnie. In particolare, a tre compagnie che lavorano l’olio di palma è stato congelato il permesso, almeno fino a quando l’inchiesta non sarà giunta al termine. Ma gli incendi di quest’anno non sono i primi nel sudest asiatico, sono solamente i più grossi. Molto probabilmente, fino a quando la richiesta dell’olio di palma a livello mondiale resterà in continua crescita e scarsamente regolamentato, ci saranno altri incendi, altre foreste distrutte, altri fiumi inquinati. E il percorso da fare è ancora lungo: secondo la Tavola Rotonda sull’olio di palma (RSPO), solamente il 17% dell’olio di palma commercializzato a livello mondiale è certificato come sostenibile. Nel frattempo, interi scaffali dei nostri supermercati sono ricolmi di merendine e snack all’olio di palma: tanto il fumo delle foreste indonesiane, in Occidente, non arriverà mai.
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