Abiti in plastica - Intimacy
Green economy

Gli abiti del futuro? In plastica e freschissimi

Quando il caldo diventa insopportabile, puntare al massimo l’aria condizionata sembra l’unica soluzione per continuare a lavorare, a sopravvivere. Ma cosa succederebbe se, invece di raffreddare l’ambiente, raffreddassimo il nostro corpo? Con i vestiti giusti è possibile. Il cotone è da sempre la risposta più adatta a questa esigenza, ma uno studio condotto da alcuni ricercatori della Stanford University e pubblicato su Science, annunciano la nascita di un tessuto che potrebbe rivoluzionare il nostro guardaroba.

Questione di chimica, fotonica e nanotecnologia

Il progetto si fonda su una nuova forma di polietilene, la più diffusa tra le materie plastiche. Grazie alla nanotecnologia (scienza che permette di manipolare la materia su scala atomica o molecolare), alla fotonica e alla chimica, è stato messo a punto un tessuto che permette al calore di abbandonare il corpo, regalando una sensazione di freschezza costante.

Il corpo umano emette calore sotto forma di radiazione infrarossa, impossibile da disperdere se la pelle è coperta dagli abiti. La tecnica elaborata dal team di ricercatori di Stanford permette di creare un materiale opaco alla luce visibile, ma trasparente agli infrarossi. L’innovativo tessuto è costruito con due strati di polietilene a nanopori (nanoPE) inframmezzati da uno a maglia di cotone. Il nanoPE è una pellicola con fori microscopici – che vanno dai 50 ai 100 nanometri –  permeabili alla luce infrarossa. Tale caratteristica però non rende trasparente il tessuto che dunque protegge da occhi estranei il corpo umano.

La rivoluzione del nanoPE

Il nuovo materiale consente il passaggio del 96% della radiazione infrarossa. Il cotone si ferma all’1,5%. Questo porta l’essere umano a percepire un aumento della temperatura corporea di soli 0,8°C in un ambiente caldo. Con una maglietta in cotone si superano i 3°C. Ma l’inserimento della fibra naturale è andata a risolvere un grande problema dei tessuti sintetici: la traspirazione dell’umidità. Con la sola fibra in nanoPE non si sarebbe raggiunto questo risultato. Il prossimo step per il team sarà realizzare questo tessuto rivoluzionario in diversi colori, migliorandone anche l’aspetto e rendendolo simile nella trama alle stoffe comunemente in commercio.

Obiettivo: stare freschi per ridurre le emissioni

L’obiettivo della nuova ricerca è offrire una nuova fibra che aiuti ad affrontare le stagioni estive sempre più calde. Poi, come ha dichiarato Yi Cui, uno degli autori dello studio, abbassare la temperatura corporea invece dell’edificio può produrre un significativo risparmio di energia. La gestione termica personale si basa su questo assunto: un corpo umano ha una massa termica inferiore rispetto a quella degli edifici. Raffreddare il corpo invece della struttura che lo contiene offre dunque un’efficienza migliore. Un obiettivo che mira a contribuire alla lotta per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.

Un decennio di moda hi-tec

Il mondo della moda sembra sempre più legato a quello della scienza, portando avanti una relazione che va avanti da almeno un decennio. Nel 2006 si parlò molto di un vestito con fili e sensori nei tessuti in grado di controllare e monitorare alcuni parametri biometrici come il battito cardiaco, la temperatura corporea e la pressione sanguigna. Il progetto prevedeva anche la possibilità di sfilare tutto l’apparato tecnologico per consentire il lavaggio dell’abito. Sempre per limitare le emissioni, invece di confidare solo nel riscaldamento artificiale per combattere il freddo invernale, ci si potrebbe affidare ai capi creati da alcuni ricercatori del MIT. Questi indumenti infatti sono in grado di immagazzinare l’energia solare per poi utilizzarla in un secondo momento, quando il freddo si fa sentire. Se il nuovo tessuto creato a Stanford promette di non essere trasparente, ma solo traspirante, c’è chi invece ha voluto creare una fibra capace di rivelare la bellezza celata dai vestiti. Si chiama Intimacy ed è un tessuto realizzato che diventa trasparente con l’aumentare del battito cardiaco, condizione che varia se si ha paura o se si è eccitati.

Tessuti di plastica sì, ma riciclata

Un’altra frontiera della moda hi-tech è data anche da quei brand che hanno fuso la propria attività con l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, creando nuovi tessuti a partire dalla plastica riciclata. Adidas ad esempio ha ricevuto l’Outdoor Industry Award 2016, grazie alla collaborazione con Parley for the Oceans, organizzazione ambientalista internazionale con cui ha realizzato la tshirt TERREX. Il noto marchio di sportswear ha realizzato con Parley for the Oceans un filato tecnico ad alta prestazione, lavorando la plastica recuperata dal mare. Stessa origine ha anche il materiale usato da Ecoalf, azienda spagnola che ha iniziato a disegnare e commercializzare abiti e accessori fatti con materiali riciclati, dal PET alle reti da pesca, tutto ripescato in mare. I vantaggi di iniziative come quelle di Ecoalf sono tangibili non solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello ambientale. Produrre filati dal PET a partire da materiali riciclati e non da plastica vergine, equivale a limitare del 20% i rifiuti in acqua, a ridurre del 50% il consumo di energia necessaria alla produzione, con una conseguente riduzione del 60% dell’inquinamento dell’atmosfera. Inoltre, ripescare le materie plastiche disperse in mare evita il transito delle stesse in discarica o in inceneritore.