incendi estremi
Cambiamento climatico

La terra brucia: l’Onu vede un +50% di incendi estremi al 2100

Immediatamente prima della pandemia da Covid-19, il mondo era stato scosso dagli incendi estremi che, tra giugno 2019 e marzo 2020, avevano devastato l‘Australia sud-orientale. Gli incendi boschivi, nello specifico, avevano colpito duramente gli stati Nuovo Galles del Sud e Victoria. Ma di certo il 2021 non è stato da meno. Considerati gli incendi estremi che hanno colpito il globo, il 2021 è stato tristemente un anno da record, il peggiore – si stima – degli ultimi 15 anni. A patire in modo particolare gli incendi boschivi è stata l’area del Mediterraneo, con incendi estremi che hanno colpito l’Italia come la Turchia e la Grecia. Nell’incendio che ha colpito l’isola greca di Evia, per esempio, sono stati necessari 7 giorni di impegno da parte dei vigili locali, supportati da colleghi romeni e ungheresi. Centinaia di incendi sono stati contati anche in Amazzonia e in diverse zone dell’Africa, e sono impossibili da trascurare gli incendi estremi che nel 2021 hanno colpito la Siberia. Stando a quanto calcolato da Greenpeace Russia, la superficie degli incendi che hanno devastato questa immensa regione nei mesi scorsi è di per sé maggiore a quella dell’insieme di tutti gli altri roghi che hanno avuto luogo nel mondo; si calcola inoltre che un singolo fronte di fuoco creatosi ad agosto in Siberia, estendendosi per 1,5 milioni di ettari, sia stato il più grande incendio conosciuto della storia. E ancora, incendi estremi nel 2021 hanno colpito anche la California e il Canada.

Onu, incendi estremi in continuo aumento

Gli incendi estremi sono destinati a moltiplicarsi nei prossimi anni. É questo di fatto il dato principale che emerge da uno studio effettuato dall’Unep, ovvero dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, in collaborazione con il partner norvegese Grid-Arendal, dal titolo “ Spreading like Wildfire: The Rising Threat of Extraordinary Landscape Fires”. I fattori che spingono verso l’aumento sono due: da una parte il cambiamento climatico in corso, dall’altro l’utilizzo sfrenato del suolo. Ecco allora che le stime ci dicono che gli incendi estremi cresceranno fino al 14% entro il 2030, e aumenteranno del 30% entro la metà del secolo, e del 50% entro il 2100. Questo significa che aree ormai abitualmente colpite da roghi saranno ancora più a rischio, e che gli incendi estremi si sposteranno anche lì dove, finora, non erano mai arrivati: si pensi per esempio all’Artico.

Una nuova formula antincendio per prevenire i roghi estremi

Il rapporto Onu spiega che attualmente la maggior parte dei Paesi dedica la quasi totalità del budget alla risposta contro gli incendi. Alla prevenzione e alla pianificazione delle azioni da effettuare andrebbe invece meno dell’1%. L’Unep invita invece tutti i governi del mondo a dedicare circa i due terzi della spesa ad attività di “pianificazione, prevenzione, preparazione”, per indirizzare invece solamente un terzo alla risposta diretta. Finora, insomma, i soldi sarebbero stati messi in buona parte dalla parte sbagliata. Come ha sottolineato il direttore esecutivo dell’Unep Inger Andersen, è necessario «ridurre al minimo il rischio di incendi estremi anche lavorando con le comunità locali e rafforzando l’impegno globale nella lotta al cambiamento climatico». Lavorare sul fronte del clima per ridurre gli incendi è doppiamente importante pensando al fatto che, come sottolinea il rapporto, «gli incendi colpiscono in modo sproporzionato le nazioni più povere del mondo». È essenziale quindi mitigare i cambiamenti climatici, ripristinare gli ecosistemi e le zone umide, reintrodurre specie animali come i castori ed edificare per quanto possibile a distanza dalle foreste. Così facendo sarà possibile proteggere l’uomo nonché le specie animali e vegetali.