raccolta differenziata dei rifiuti tessili
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La raccolta differenziata dei rifiuti tessili, in Italia

Come funziona in Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili? Ebbene, la situazione non è omogenea. Prendiamo per esempio i dati relativi alla Lombardia: stando al report Arpa 2019, il 68% dei Comuni vantava un servizio attivo di raccolta differenziata del tessile. Una percentuale non certamente altissima, ma comunque superiore a quella di tante altre regioni italiane. Sicuramente bisogna fare di più, sapendo quanto e cosa è possibile fare con i tessili recuperati e riciclati. Va inoltre considerato il fatto che, stando alle stime della Commissione europea e del Parlamento Ue, il settore tessile sarebbe responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas a effetto serra. E con l’aumento demografico, senza un ripensamento del settore, le cose potrebbero ovviamente peggiorare ulteriormente: si pensi che, come riporta l’Agenzia europea dell’ambiente – nel 2017 gli acquisti di tessili in Europa sono stati responsabili di circa 654 chili di anidride carbonica pro-capite. Un altro numero impressionante a questo proposito è quello elaborato da McKinsey: ogni cittadino europeo produce infatti in media 15 chili di rifiuti tessili all’anno, i quali nella maggior parte dei casi finiscono o in inceneritore, o in discarica. Le cose, però, stanno cambiando. O almeno, dovrebbero.

L’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili in Italia

A partire dai dati già esposti, l’Unione Europea ha deciso di rendere obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti tessili a partire dal 2025. L’Italia ha deciso di giocare d’anticipo, con il decreto legislativo numero 116 del 2020, che ha fatto scattare l’obbligo a partire dal 1° gennaio 2022. Il problema, però, è che pur essendoci un obbligo, per ora mancano non solo regole e obiettivi, ma spesso anche le strutture. Non stupisce che l’Associazione dei Comuni italiani abbia richiesto di mettere momentaneamente in pausa il decreto.

Quanti rifiuti tessili produciamo, e come li gestiamo?

Un’indagine molto utile per capire come avviene attualmente la raccolta differenziata dei rifiuti tessili nel nostro paese è quella elaborata dall’Istituto superiore per la protezione ambientale sotto il nome di “Rapporto sui rifiuti urbani”. L’ultima edizione, pubblicata a dicembre 2021, mostra che in totale nel 2020 sono stati differenziate oltre 143 mila tonnellate di rifiuti tessili urbani. Rispetto al 2019 si è conosciuto un calo di circa 14 mila tonnellate. I soli rifiuti tessili costituirebbero quindi circa lo 0,8% del totale della raccolta differenziata, in una partita in cui la plastica arriva all’8,6%, sorpassata dal vetro, al 12,2%.

Non serve però guardare ai dati Ispra per capire che la raccolta differenziata dei rifiuti tessili segue delle strade diverse nei differenti Comuni italiani, per una mancanza di fondo di una vera rete infrastrutturale adibita a questo compito. Qualcosa però dovrebbe cambiare, un po’ per l’obbligo introdotto a inizio anno, un po’ per i fondi stanziati dal PNRR per costruire degli hub dedicati. Per ora, però, è possibile affermare che non esistono gli strumenti per avviare una vera e capillare raccolta differenziata dei rifiuti tessili prodotti in Italia.

Il progetto pilota di Ecotessili

Nel frattempo, qualcosa si muove anche all’esterno delle istituzioni pubbliche. Fa ben sperare per esempio il progetto pilota di Ecotessili, il  consorzio promosso da Federdistribuzione e costituito nell’ambito del Sistema Ecolight per la gestione del fine vita dei prodotti tessili. Il progetto dovrebbe partire entro la fine dell’autunno, e mira a garantire la raccolta dei rifiuti tessili in modo da garantirne la tracciabilità. Come ha spiegato il direttore generale di Ecotessili Giancarlo Dezio «in attesa del quadro operativo di riferimento, il consorzio si sta attivando per individuare delle modalità di raccolta dei tessili che possano essere efficienti ma soprattutto efficaci. Di fatto, il primo passo per una gestione corretta di queste tipologie di prodotti dismessi, per impostare una raccolta che sia capillare e di qualità».