Green Economy (foto: altrainformatica.wordpress.com)
Green economy

L’Italia unita della Green Economy

OLTRE I TIPICI SQUILIBRI. Le storiche differenze tra Settentrione e Meridione vengono superate nell’Indice Green Economy di Fondazione Impresa: l’economia verde è ormai patrimonio di tutti, o quasi. In questa edizione la regione vincente è il Trentino-Alto Adige, e insieme a questa salgono sul podio anche Marche e e Valle d’Aosta. Ma nelle prime dieci posizioni troviamo anche tre regioni del Sud: l’Abruzzo è quarto, la Basilicata sesta e la Calabria ottava. Quella che ne esce è una diffusione a macchia di leopardo, in cui i classici squilibri nord-sud risultano totalmente superati. Per l’elaborazione dello studio Fondazione Impresa ha incrociato i dati provenienti dalle indagini Istat, Terna, Ispra, Sinab ed Enea. Gli indicatori utilizzati sono 21: si va dal risparmio energetico all’eco-edilizia, dalla bio-agricoltura alle energie pulite, da riciclo al turismo ecologico.

LE PIÙ GREEN. La prima classificata, il Trentino-Alto Adige, si è posizionata sul podio in più di un terzo degli indicatori, rilevandosi come il leader assoluto nel campo della qualità ambientale e delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica. Ma, come si diceva, la sorpresa di questa edizione dell’Indice di Green Economy sono le regioni del sud, che per una volta non fanno il fanalino di coda. Parlando di Basilicata e Calabria, Daniele Nicolai di Fondazione Impresa spiega che «il loro punto di forza è la produzione dell’agroalimentare biologico in continua espansione».

LA BLACK LIST DELLA GREEN ECONOMY ITALIANA. Le regioni che più di tutte le altre mostrano segni di sofferenza nel settore della green economy sono invece Lazio e Sicilia. A pesare sul pessimo piazzamento dell’isola contribuisce la scarsa diffusione della raccolta differenziata, la quale viene effettuata solo dal 13,4% della popolazione, di contro al 42,3% del resto del Paese. A condannare il Lazio in fondo alla classifica è invece la sporcizia delle strade, la scarsità di energia elettrica da fonti rinnovabili e l’esiguità dei punti di vendita biologici.