legame tra soia e deforestazione
Agricoltura

Lo stretto legame tra soia e deforestazione

Fino a qualche tempo fa la soia era un ingrediente decisamente estraneo per la nostra cucina. Si tratta infatti di un alimento essenziale della tradizione culinaria orientale, che è stato introdotto solamente in tempi recenti nei nostri comuni supermercati.

La soia viene infatti consumata sempre più diffusamente da chi cerca di consumare poca carne e poco latte, o che ha deciso di non consumarne per nulla. Tra le alternative vegetali con un buon apporto proteico, la soia rappresenta una delle scelte che va per la maggiore.

Il problema, però, è che la soia, come succede del resto per tante altre colture, è legata in modo stretto con il fenomeno delle deforestazione. Nel caso specifico di questo legume originario dell’est, però, il problema è praticamente serio.

Stando al WWF, infatti, la soia è il secondo maggiore driver di deforestazione a livello globale, subito dopo l‘allevamento bovino.

Questo vuol dire che chi cerca di ridurre il consumo di carne preferendo la soia sta in realtà favorendo la deforestazione? Le cose sono in realtà più complicate di così: esiste un legame profondo, infatti, tra soia e deforestazione come tra soia e allevamento di bestiame.

Soia e deforestazione: il ruolo delle farine per gli allevamenti

La produzione di soia, negli ultimi decenni, è aumentata a dismisura. Dati alla mano, si stima che tra il 1950 e il 2021 la produzione di questo legume sia aumentata di ben 15 volte, raggiungendo quota 300 milioni di tonnellate.

Ma attenzione: a far incrementare le richieste di soia non sono state le persone che utilizzano direttamente questo alimento in cucina, o almeno, non per la parte preponderante. Va infatti sottolineato che la soia viene utilizzata su larga scala per la produzione di farine deputate all’alimentazione degli animali nell’industria dell’allevamento intensivo. Più nello specifico, come svela il WWF, l’80% della soia prodotta globalmente viene utilizzata per creare delle farine, le quali nella quasi totalità (si parla del 97%) vengono destinate all’allevamento animale. Si capisce quindi che una fetta enorme dei campi coltivati a soia sono a uso e consumo dell’allevamento intensivo.

Con il feroce aumentare del consumo di carne conosciuto negli ultimi anni, quindi, si è avuto anche un parallelo incremento delle coltivazioni di soia, le quali hanno portato a una crescente deforestazione. Al fianco delle foreste eliminate per fare spazio a degli allevamenti bovini, quindi, ci sono tante altre foreste cancellate per coltivare la soia destinata ad alimentare bovini, suini, polli, tacchini e via dicendo.

A rendere ancora più centrale la produzione di questo legume per la creazione di mangimi c’è stato il divieto, conseguente alla diffusione della cosiddetta mucca pazza, di rifornire gli allevamenti di mangimi a base di proteine animali.

Ridurre il consumo di carne per fermare la deforestazione

Si capisce quindi che è doppiamente importante ridurre il consumo di carne, sia per fermare la deforestazione causata dall’allargarsi delle aree per il pascolo, sia per fermare la deforestazione causata dal moltiplicarsi delle aree coltivate a soia.

Quest’ultima, va detto, viene prodotta soprattutto in regimi di monocultura, e con l’uso massiccio di pesticidi, a danno del terreno, delle falde freatiche, dell’ambiente circostante, degli animali che se ne cibano nonché, ovviamente, del consumatore finale, ovvero dell’uomo.

All’inizio si è detto che in Italia il consumo di soia era estremamente ridotto, quasi inesistente, fino a poco tempo fa. Il WWF ci dice ora che in Europa il consumo pro capite di soia, attraverso il percorso tortuoso sopra descritto, è di 61 chilogrammi ogni anno. E di certo l’Italia è tra le teste di ponte di questo continuo aumento. Il nostro paese è il terzo importatore di soia all’interno dell’Unione Europea, consumandone complessivamente 3,7 milioni di tonnellate.