presidente della Cop28
Cambiamento climatico

Il presidente della Cop28 non sembra per nulla adatto

Era già stato annunciato dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel 2021: la sede della Cop28 saranno gli Emirati Arabi Uniti. Nel 2021 era stata la volta di Glasgow, nel 2022 quella di Sharm el-Sheikh, quest’anno si passera negli Emirati, mentre per il 2024 è stata scelta Odessa, in Ucraina. Come riportato all’epoca dall’AGI, il ministro degli affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, ovvero lo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, aveva dichiarato «siamo lieti e onorati della decisione dell’UNFCCC di selezionare gli Emirati Arabi Uniti per ospitare la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 2023 e impegnarci a sostenere l’intera comunità internazionale nell’accelerare sforzi congiunti per superare la minaccia molto reale del cambiamento climatico. La COP28 nel 2023 sarà e dovrà essere una COP delle soluzioni». Di certo il fatto che gli Emirati presentino un’economia basata sullo sfruttamento degli idrocarburi aveva insinuato qualche dubbio; a creare delle lamentele concrete è però stata l’assegnazione della presidenza. A essere designato come presidente della Cop28 è infatti Sultan al-Jaber, direttore di Adnoc, ovvero dell’ente petrolifero nazionale degli Emirati.

Le parole del presidente della Cop28

Il problema di avere come presidente della Cop28 il direttore di un ente petrolifero sta nella facilità con cui è possibile individuare lo scarto tra affermazioni e azioni concrete. Durante l’evento “Road to Cop28” del 15 marzo al-Jaber aveva spiegato che «il mondo deve ridurre rapidamente le emissioni» per poi sottolineare che «le compagnie del petrolio e del gas devono puntare alla emissioni zero». Poche settimane prima lo stesso al-Jaber aveva chiarito che «negli Emirati Arabi Uniti non stiamo scappando dalla transizione energetica, stiamo correndo verso di essa». Le azioni concrete dell’ente petrolifero da lui presieduto, però, si stanno muovendo in tutt’altra direzione.

I piani di Adnoc

Le parole di al-Jaber riassumono quello che ci si può legittimamente aspettare dal presidente della Cop28, un nuovo appuntamento cruciale per la battaglia contro i cambiamenti climatici. Peccato che i piani di sviluppo della Adnoc, di cui è CEO, esprimano valori totalmente diversi. La compagnia sta infatti preparando un’espansione della propria produzione di petrolio pari a 7,5 miliardi di barili, il 90% dei quali, stando alle stime per il famoso “net zero scenario” della International Energy Agency, dovrebbero semplicemente restare nel sottosuolo. Attualmente Adnoc è l’undicesimo produttore di gas e di petrolio al mondo, ma va detto che il suo piano di espansione è il quinto più grande a livello mondiale. Di certo una strategia di questo tipo poco o per nulla si addice al presidente della Cop28: solo il 10% di questa operazione è in linea con la guida della IEA.

Le lamentele per la presidenza della Cop negli Emirati Arabi Uniti

Non potevano ovviamente mancare le voci contrarie di fronte all’assegnazione del ruolo di presidente della Cop28 al CEO della Adnoc, tanto più quando si è saputo che al-Jaber non intende rinunciare alla propria carica nell’ente petrolifero. Mentre gli esperti di Climate Action Tracker hanno sottolineato quanto i piani di Adnoc siano in contrasto con le strategie per mantenere l’aumento delle temperature sotto 1,5 gradi centigradi, Nils Bartsch di Urgewald ha spiegato che queste informazioni «mostrano che la nomina di al-Jaber come presidente di Cop28 rappresenta una presa in giro dell’istituzione stessa» e che devono essere intese come «un segnale politico fatale per il mondo intero». E questa è solamente una delle tanti voci che si sono levate contro questa nuova presidenza. Insomma, si è ancora a diversi mesi dall’inizio del nuovo summit, ma le basi non sono certo tra le migliori.