rimozione dell'anidride carbonica dall'atmosfera
Cambiamento climatico

Una nuova tecnologia per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera

La rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera può giocare un ruolo fondamentale nel contenimento dei cambiamenti climatici. Anzi, sapendo che la sola riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non sarà sufficiente per normalizzare la situazione, un ricorso a dei dispositivi capaci di risucchiare la CO2 presente nell’aria è praticamente obbligatorio. E certo esistono già dei macchinari che permettono di agire in questo modo, ma ci sono alcuni ostacoli sullo sviluppo su larga scala di queste tecnologie. Da una parte c’è il fatto che molti scienziati sono convinti che investire massicciamente in questi dispositivi possa portare i governi a distogliere l’attenzione dal problema cruciale o primario, ovvero dalle politiche necessarie per ridurre le emissioni di gas serra. Dall’altra, c’è il fatto che le attuali tecnologie per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera sono molto costose.

DAC: la situazione attuale

Abbiamo già parlato altre volte della tecnologia Direct Air Capture, ovvero dei dispostivi DAC per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. L’azienda più famosa che offre soluzioni di questo tipo è la svizzera Climeworks, che utilizza dei macchinari costituiti – in parole estremamente semplici – da grandi ventilatori che portano l’aria a passare forzatamente attraverso un filtro in grado di assorbire la CO2. Climeworks ha già realizzato il più grande impianto per sottrarre CO2 dall’aria, in Islanda, e ha già venduto questo servizio a clienti importanti come Microsoft, Spotify e Stripe. Nonostante i grandi passi avanti fatti da aziende come Climeworks, il problema principale rimane comunque quello dei costi di queste macchine: da qui dunque l’attenzione che si è raccolta intorno a uno studio che indica una nuova tecnologia per rimuovere la CO2 dall’aria.

Lo studio che presenta la nuova tecnologia per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera

Lo studio in questione porta la firma come autore principale di Arup SenGupta, dalla Lehigh University, negli Stati Uniti. Pubblicata sulla rivista Science Advances, la ricerca mostra un nuovo approccio per rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, attraverso l’uso di resine e altri elementi chimici per realizzare un materiale filtrante ibrido: il metodo sarebbe stato “rubato” da tecnologie usate per la depurazione dell’acqua. Come ha spiegato Arup SenGupta «non sono a conoscenza di nessun altro materiale assorbente che, anche a 100.000 ppm, riesce a ottenere una cattura diretta dell’aria di 400 ppm». Il risultato è un filtro che, a fronte di un volume ridotto di materiale, riesce a catturare anidride carbonica di alta qualità, con la possibilità quindi di fare di più, con costi minori.

Dove accumulare la CO2 rimossa dall’aria?

E se le tecnologie per catturare l’anidride carbonica dall’aria si stanno evolvendo abbastanza velocemente, da una parte per ridurre i costi e dall’altra per aumentare l’efficacia, esiste un altro problema da risolvere: dove immagazzinare la CO2 strappata dall’atmosfera? Attualmente uno dei metodi più votati è quello di accumulare l’anidride carbonica nel sottosuolo o al di sotto dei fondali dei mari, negli ex pozzi petroliferi. Il nuovo studio firmato da SenGupta suggerisce però che, con l’aggiunta di determinate sostanze chimiche, sia possibile trasformare la CO2 catturata in bicarbonato di sodio, da poter rilasciare direttamente nell’acqua di mare: secondo gli studiosi che hanno firmato la ricerca, questo non comporterebbe effetti collaterali.

Si ipotizzano impianti in Bangladesh, Barbados e Maldive

Per ora il nuovo metodo per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera è fermo sulla carta. Ma SenGupta ha affermato di voler avviare una compagnia spin-off per sviluppare materialmente la tecnologia, puntando a costruire degli impianti in paesi come Bangladesh, Barbados e Maldive: come ha spiegato il ricercatore, «anche loro hanno un ruolo da giocare, non possono restare unicamente degli spettatori sofferenti».