Trasparenza nella filiera alimentare: il ruolo chiave della tecnologia
Green economy

Trasparenza nella filiera alimentare: il ruolo chiave della tecnologia

Il caso delle uova contaminate con il fipronil è solo l’ultimo di una lunga serie di scandali alimentari che hanno minato passo dopo passo le certezze dei consumatori. L’influenza aviaria o la cosiddetta mucca pazza rappresentano ricordi ancora freschi e normalmente, a seguito di casi del genere, sono in molti a smettere completamente di acquistare quel certo alimento contaminato. L’industria del cibo conosce bene quali siano i rischi economici di tale fenomeno e sta prendendo le debite contromisure. Oggi vi parliamo degli strumenti con cui le aziende garantiscano la trasparenza nella filiera alimentare e del ruolo chiave in questo scenario della tecnologia.

Trasparenza nella filiera alimentare per preservare un mercato da milioni

Secondo uno studio della National Restaurant Association, gli americani spenderebbero oltre 700 miliardi di dollari al ristorante ogni anno. Parlando di sicurezza alimentare, si verificano in media 620 episodi di prodotti richiamati dalle aziende perché contaminati o poco sicuri. Si tratta, soprattutto di allergeni contenuti nel latte e nelle uova. Fra le aziende note a livello mondiale che spesso diventano protagoniste di tali episodi ricordiamo Nestlé e Kraft. Ogni richiamo costa ai produttori circa 10 milioni di dollari per un totale annuo medio di 55 miliardi. È naturale che in un contesto del genere le aziende facciano di tutto per garantire la qualità degli alimenti e la trasparenza nella filiera alimentare.

La tecnologia corre in aiuto delle grandi aziende

Chipotle è il gigante dei mexican fast food in America. Tra il 2015 ed il 2016 ha subito perdite ingenti dovute a prodotti alimentari richiamati, in particolare a causa del batterio escherichia coli. Ha iniziato, per questo, a lavorare fianco a fianco con dei partner capaci di assicurare la trasparenza dei propri prodotti, garantendone la provenienza e controllando il percorso dalla sede di produzione alla tavola dei fast food. Uno di questi è FoodLogiQ, startup nata nel 2006 con il compito di tracciare in modo sicuro tutti gli ingredienti usati da Chipotle. Inoltre, sta lavorando sui prodotti stessi per migliorarne la qualità o il livello di maturazione, come accade per gli avocado. Anche HarvestMark collabora con Chipotle ed altre 400 aziende, usando la tecnologia per mettere in contatto le fattorie con i clienti, attraverso un’app per smartphone che descrive passo passo le fasi produttive degli alimenti.

Lotta alle frodi alimentari: il contributo della rete

Un altro tasto dolente che mina la trasparenza nella filiera alimentare sono proprio le frodi. I prodotti contraffatti sono quelli che mostrano nella confezione ingredienti differenti da quelli realmente presenti. Ma non solo, sono alimenti che si fregiano di marchi internazionali di certificazione pur non avendone le caratteristiche necessarie. Anche in questo la tecnologia dà un contributo fondamentale. Pensiamo a Marbelize, colosso ecuadoriano che produce circa 50.000 tonnellate di tonno all’anno, rifornendo oltre 950 marche. Date le dimensioni enormi, la necessità di tracciare il prodotto diventa il primo pensiero. E qui entra in azione Frequentz, startup che controlla la catena dall’inizio alla fine. Tutto comincia sulle barche dei pescatori, dotate di tablet connessi alla rete che monitorano il lavoro. Inoltre, Frequentz è responsabile anche di numerose analisi sul dna del pescato per garantirne l’integrità.

L’uso del blockchain per controllare la filiera

Nel 2013, a seguito dello scandalo della carne di cavallo presente nelle lasagne Findus, il Regno Unito ha lanciato arc-net, una piattaforma basata sulla tecnologia blockchain per verificare la sicurezza dei dati e garantire la trasparenza. In pratica, ogni anello della catena alimentare controlla i precedenti fino a che non si arriva al prodotto finito, evitando che una fase del processo possa inficiare il lavoro dell’intera catena.