satellite per il controllo dell'inquinamento
Cambiamento climatico

Lanciato venerdì 13: un satellite per il controllo dell’inquinamento

Il tredicesimo commensale dell’ultima cena era Giuda. Il tredicesimo semidio scandinavo era Loki, caotico e ingannatore. Nell’astrologia assiro-babilonese, il 13 seguiva il numero sacro 12. Quanto al venerdì… beh, c’è di mezzo la crocifissione di Cristo, nonché la mela mangiata da Eva nel Paradiso terrestre. Sta di fatto che la nomea di venerdì 13 non è delle migliori, anzi, rappresenta il giorno sfortunato per antonomasia sia in America che in Europa. Probabilmente non ci hanno fatto caso gli scienziati dell‘Agenzia Spaziale Europea nel programma Copernicus, i quali alle 11:27 di venerdì 13 ottobre hanno lanciato dalla rampa di Plesetsk, nella regione russa di Arcangelo, il satellite per il controllo dell’inquinamento terrestre Sentinel 5 Precursor.

Lanciato con un razzo balistico ex URSS

È da sottolineare che, visto che quando si parla di lanci spaziali si tende a recuperare tutto il possibile – soprattutto in missioni ‘ecologiche’ come questa –, il satellite per il controllo dell’inquinamento è stato lanciato nello spazio a bordo di un ex razzo balistico sovietico riconvertito per l’occasione in lanciatore. Da lassù, il satellite contribuirà a raccogliere i dati sull’atmosfera terrestre, tracciando in modo dettagliato la situazione per quanto riguarda i gas serra. Mai prima d’oggi era stato possibile sapere così nello specifico dove i gas nocivi sono emesse e dove si dirigono nell’atmosfera del nostro pianeta.

satellite per il controllo dell'inquinamento

Un solo strumento a bordo: Tropomi

Per assolvere i suoi compiti, il satellite per il controllo dell’inquinamento è equipaggiato con un unico ma potentissimo strumento, detto Tropomi, ovvero TROPOspheric Monitoring Instrument. Questo dispositivo, realizzato da uno scienziato olandese, è in grado di analizzare i vari tipi di radiazioni incontrati nel suo girare intorno al pianeta, analizzandone la composizione. Grazie a questa tecnologia – capace di osservare nell’ultravioletto e in parte anche nell’infrarosso – il satellite è in grado di registrare dati a proposito delle variazioni nel tempo di gas come il metano, l’ozono, il monossido di carbonio, l’anidride solforosa, la formaldeide, e gli altri inquinanti presenti nell’atmosfera del nostro pianeta. Come ha spiegato Pieternel Levelt, a capo del settore Satellite R&D presso il Dutch national weather service KNMI, «avere un solo satellite che misura il globo intero significa poter comparare i livelli di inquinamento in Europa con quello della Cina o degli Stati Uniti».

Come funziona il satellite per il controllo dell’inquinamento

Velocissimo, ogni secondo il satellite riuscirà ad osservare una porzione lunga 2.600 chilometri e larga 7 del nostro pianeta, con una risoluzione di 7 per 3,5 chilometri. Questo significa che da lassù sarà possibile non solo analizzare il livello di inquinamento di ogni singola città, ma anche capire quale zona di una specifica città è più inquinata. E non è tutto qui: grazie alla velocità del satellite nel raccogliere dati sempre freschi e in tempo reale, sarà anche possibile analizzare nel dettaglio lo spostamento dell’inquinamento da una zona all’altra del mondo. Grazie al Sentinel 5P, dunque, si potrà per esempio capire nel dettaglio quando e come l’aria inquinata di Londra arriva fino alle coste scandinave.

La situazione dell’ozono

La ‘missione secondaria’ di questo satellite per il controllo dell’inquinamento sarà poi quella di controllare l’ozonosfera, danneggiata pesantemente dall’umanità almeno fino al 1989, ovvero fino alla messa al bando dei gas clorofluorocarburi. Come ha spiegato Pieternel Levelt,

«si tende sempre a pensare che la riduzione dell’ozonosfera sia un problema già risolto. Noi comprendiamo la chimica, comprendiamo le dinamiche, sappiamo come migliorare la situazione e come far ‘ritornare’ l’ozono, riducendo i CFF. Ma resta importantissimo continuare a misurare questo fenomeno, per provare che le nostre misure stanno avendo effetto, anche perché non ci aspettiamo un recupero completo prima del 2050».