Vitamin D scritta sulla spiaggia (foto: blog.supplementare.com.br)
Benessere green

Quali sono i cibi ricchi di vitamina D?

GLI ALIMENTI. La vitamina D è prodotta dalla pelle che riesce a sintetizzarla grazie all’azione della luce solare: servono almeno 15 minuti al giorno di esposizione per produrne il quantitativo necessario all’organismo umano. Questa vitamina è fondamentale per la formazione delle ossa e permette la deposizione di calcio e fosfato nelle regioni cartilaginee. Aiuta inoltre l’assorbimento di calcio nel tratto digestivo, permette la mobilitazione del calcio dalle ossa e il riassorbimento renale. La vitamina D è solubile in olio quindi per poterla assorbire meglio è necessario consumare grassi buoni: olio d’oliva, pesce grasso o tuorlo d’uovo. L’alimento in cui è maggiormente presente è il salmone selvatico che contiene da solo più della metà della vitamina D necessaria al fabbisogno giornaliero. Anche il tonno e le sardine, il latte intero fortificato sono alimenti ricchi di questa vitamina così come i cereali fortificati.

L’IMPORTANZA DELLA VITAMINA D. Anche la carne di maiale, le uova e i funghi contengono una buona quantità di vitamina D, mentre per quanto riguarda i latticini, la ricotta ne racchiude cinque volte di più rispetto agli altri formaggi. In passato, anche se oggi quest’usanza specie in Italia non è più praticata, ai bambini si faceva ingerire un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo proprio per assumere quotidianamente un corretto quantitativo di vitamina D. Nei paesi mediterranei la quantità di radiazioni ultraviolette assorbita è di norma sufficiente a coprire il fabbisogno di questa vitamina, ma chi è meno esposto al sole ha bisogno di un’integrazione. I sintomi di una grave carenza di vitamina D sono rachitismo, fragilità e malformazioni ossee, debolezza muscolare, dolori intercostali. Il fabbisogno giornaliero è fissato per gli adulti in una quantità tra 0 e 10 microgrammi per i maschi dagli 11 ai 59 anni e tra 0 e 15 per le femmine dagli 11 anni in su. Sopra i 60 anni aumenta il rischio di carenza specie nelle donne.