stop alla deforestazione
Cambiamento climatico

COP26: stop alla deforestazione entro il 2030

È davvero possibile pianificare e rispettare uno stop alla deforestazione? I leader mondiali, in occasione della COP26 di Glasgow, hanno detto di sì. Più nello specifico, lo stop alla deforestazione è fissato al 2030. C’è chi guarda a questa data come a una termine ben poco audace, fin troppo lontano, e quindi come a un impegno insufficiente. E c’è anche chi, avvertendo la mancanza di una chiara definizione di deforestazione, nonché una certa penuria di dettagli sull’effettiva implementazione di questa promessa, si fida ben poco di questo accordo stipulato già al secondo giorno del vertice scozzese.

Una cosa è certa: la deforestazione va fermata quanto prima, tanto più che a minacciare le foreste non sono solamente le azioni dirette dell’uomo.


Foreste, una doppia minaccia

Gli esperti climatici sono stati molto chiari nel dichiarare che, per rispettare il limite massimo di riscaldamento globale fissato a 1,5 gradi, le foreste giocano un ruolo cruciale. Parliamo infatti dei più importanti assorbitori di anidride carbonica su cui possiamo contare (infinitamente più potenti rispetto ai pur sempre buoni macchinari per assorbire la CO2). Per limitare il surriscaldamento climatico abbiamo bisogno della fotosintesi, ergo abbiamo bisogno di foreste, di tante foreste. Il problema è che le foreste del pianeta sono diminuite tantissimo negli ultimi secoli: se prima dell’avvento della società moderna si contavano 6 miliardi di ettari di foreste, che coprivano quasi la metà delle terre emerse, oggi ne contiamo circa 4 miliardi. 1 miliardo se ne è andato ancor prima della rivoluzione industriale, un altro mezzo tra il 1750 e il 1990, mentre negli ultimi 3 decenni abbiamo eliminato altri 420 miliardi di ettari di foreste. Un’area enorme, grande quanto l’intera Unione Europea. A minacciare le foreste è quindi la deforestazione, il taglio dei boschi da parte dell’uomo, la trasformazione di interi territori.

Ma non è tutto qui. Anche il cambiamento climatico, figlio in parte di quella stessa deforestazione, finisce per rimbalzare nuovamente contro le foreste. Questo perché il climate change comporta ondate di calore, siccità, nonché tempeste devastanti, per non parlare degli incendi. Le foreste finiscono così per soffrire, diventando per assurdo, anziché assorbitori di anidride carbonica, emettitori, per via della decomposizione.

Stop alla deforestazione il 2030, l’accordo di Glasgow

Come anticipato, il secondo giorno della COP26 di Glasgow è stato stipulato un accordo per fermare la deforestazione entro il 2030. A firmare l’accordo sono stati 130 Paesi, i quali, facendo le somme, contano tutti insieme il 90% delle foreste globali: tra i firmatari troviamo anche Cina, Brasile e Russia, con le firme tutt’altro che scontate di Jair Bolsonaro, Xi Jinping e Vladimir Putin. Va sottolineato a questo proposito che già nel 2014 era stata fatta una dichiarazione sulle foreste, a New York, che però era rimasta su carta, anche per le assenza vistose di Russia e Brasile. Questo accordo potrebbe costituire un punto di svolta; certo, come detto manca una chiara definizione di deforestazione, non sono stati inseriti i dettagli dell’implementazione. Ma l’Occidente ha scelto di destinare 12 miliardi di dollari al progetto, ai quali si sommano altri 9 miliardi che dovrebbero essere approvati dal Congresso USA nonché a 7,2 miliardi provenienti dal settore privato.

Un impegno oltre le parole

Come ha dichiarato immediatamente dopo gli accordi di Glasgow Antonio Brunori, segretario generale di PEFC Italia, ente promotore della sostenibile gestione delle foreste, «l’impegno di questi Paesi non deve fermarsi ai ‘Bla-bla-bla’ ma tramutarsi subito in impegno concreto per contrastare deforestazione nel Sud del Mondo e abbandono delle aree forestali (fenomeno che interessa i Paesi europei)» partendo dal presupposto per cui il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta. Brunori ha precisato che «in Italia e in Europa, infatti, il problema principale legato alle foreste non è dovuto alla deforestazione, quanto piuttosto all’abbandono di estese superfici di foreste e aree montane, con conseguenti effetti negativi per l’ambiente e per l’uomo (anche in termini di maggiori importazioni di prodotti alimentari ad alto livello di ‘deforestazione incorporata’). Pensiamo per esempio al rischio idrogeologico o alla diffusione degli incendi spesso legati all’incuria e alla mancata gestione delle foreste e per i quali la prevenzione è l’unica arma davvero efficace che abbiamo a disposizione».