degrado del permafrost
Cambiamento climatico

Antartide: con il degrado del permafrost più gas serra

Qualcosa di potenzialmente molto grave sta succedendo in Antartide, per colpa dei cambiamenti climatici e del conseguente surriscaldamento del pianeta. E come ormai sappiamo bene, quello che accade ai poli della Terra ha delle conseguenze concrete sul mondo intero. Per questo motivo abbiamo già descritto tante volte la situazione attuale nei pressi del Polo Sud: abbiamo parlato per esempio del rischio di estinzione per il pinguino imperatore, del distaccamento di enormi iceberg, e via dicendo. Ora uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori – tra cui studiosi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano – spiega come il degrado del permafrost stia portando a delle emissioni record di gas serra: vediamo più nel dettaglio cosa significa questo cambiamento.

La superficie dell’Antartide

La superficie totale dell’Antartide è di 13,8 milioni di chilometri quadrati. Questo vuol dire che il continente antartico è molto più esteso dell’Europa, la cui superficie è di 10,5 milioni di chilometri quadrati, e degli Stati Uniti, 9,4 milioni di chilometri quadrati. Si parla di una superficie grande circa quanto 50 volte il suo italiano. Il ghiaccio ricopre approssimativamente il 98% dell’Antartide, lasciando quindi scoperti 250mila chilometri quadrati di territorio, lì dove spuntano tra le altre cose gli affioramenti rocciosi delle montagne più elevate. Dove non c’è ghiaccio, dove non ci sono rocce, c’è il permafrost, ovvero del suolo perennemente ghiacciato. Come dimostrato più volte da diverse indagini condotte negli ultimi anni, il permafrost rappresenta un pericolo nel momento in cui inizia a sciogliersi, quando cioè la temperatura sulla superficie del suolo supera gli 0 gradi: in quell’istante possono avere il via frane, colate detritiche ma anche pericolose emissioni di gas, le quali possono peggiorare ulteriormente la situazione climatica del pianeta.

Lo studio sul degrado del permafrost

Lo studio che si è concentrato sul degrado del permafrost dell’Antartide è stato condotto da studiosi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, insieme a ricercatori neozelandesi, norvegesi e a della Sapienza, dell’università di Padova e dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche. Il risultato, in estrema sintesi, è questo: per via del degrado del permafrost, le fasce costiere dell’Antartide stanno emettendo quantità altissime di gas serra.
Questo è stato il primo lavoro volto a curare una campagna geochimica nel continente antartico, con le analisi che si sono concentrate nella zona della McMurdo Dry Valleys. Si tratta della più ampi area antatica priva della protezione glaciale, che da sola rappresenta un decimo del suolo senza ghiaccio in Antartide.

Dati alla mano, in un’area di 22 chilometri quadrati, è stato registrato un aumento di 15 tonnellate di anidride carbonica di emissioni di gas serra al giorno. Si parla di diverse sostanze gassose, tra cui del metano. Come ha spiegato Giancarlo Ciotoli, ricercatore del Cnr-Igag, «la presenza contemporanea di anomalie di più specie gassose nel suolo delle McMurdo Dry Valleys ha permesso l’individuazione di zone caratterizzate dallo scioglimento del livello attivo del permafrost e dove la presenza di strutture tettoniche e/o fratture permette a tali gas di migrare verso la superficie. I dati preliminari suggeriscono la presenza di elevate quantità di gas disciolti nel sistema di “brine” in sovrapressione al disotto del permafrost». A rendere questi risultati ancora più gravi c’è il fatto che il degrado del permafrost, con il conseguente degassamento del suolo precedentemente ghiacciato, sta avendo luogo probabilmente in tanti altri punti delle coste antartiche – le quali misurano complessivamente 24 mila chilometri. Le emissioni totali di gas serra sono quindi potenzialmente altissime, e devastanti.