Grandi carnivori
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Grandi carnivori: gli attacchi all’uomo aumentano anche per via dei cambiamenti climatici

Gli attacchi all’uomo da parte dei grandi carnivori sono estremamente rari. I dati ci dicono però che negli ultimi decenni le segnalazioni di eventi di questo tipo sono via via aumentate. Più precisamente, a livello globale è stato notato un costante incremento a partire dagli anni Settanta. Ma cosa sta determinando questa crescita degli attacchi all’uomo da parte dei grandi carnivori? Pur trattandosi di eventi assolutamente eccezionali, è sicuramente importante comprenderne i motivi. Per questo risulta molto interessante uno studio pubblicato nelle settimane scorse sulla rivista Plos Biology, condotto da 33 ricercatori e studiosi i vari enti ed organismi internazionali, coordinati dal MUSE – Museo delle Scienze di Trento. Il lavoro, intitolato “A worldwide perspective on large carnivore attacks on humans”, individua diversi fattori: vediamoli.

Le cause che portano all’aumento degli attacchi dei grandi carnivori

Lo studio poggia sull’analisi di 5.089 casi di attacchi da parte dei grandi carnivori nei confronti dell’uomo. Si parla nello specifico di incidenti che hanno coinvolto animali come tigri, lupi, leoni e orsi, tutti registrati tra il 1950 e il 2019. Sono stati presi in considerazione solamente gli eventi in cui lo scontro con l’animale ha portato al ferimento alla morte della persona (più precisamente, il 32% degli incidenti studiato è risultato fatale). Come spiegato da  Giulia Bombieri, ricercatrice del MUSE – Dipartimento Ricerche e Collezioni, Unità di Biologia della Conservazione, «felidi e canidi sono risultati i gruppi di specie maggiormente coinvolti in attacchi predatori, i più letali per le persone, mentre gli attacchi da parte di orsi sono quasi sempre difensivi, per esempio nei casi in cui questi vengono inavvertitamente sorpresi a distanza ravvicinata, oppure in difesa dei cuccioli o di fonti di cibo. La maggior parte degli attacchi mortali è stata registrata nei Paesi a basso reddito, nei quali si è verificata gran parte degli attacchi predatori da parte di grossi felidi come leoni e tigri».

Ma perché negli ultimi anni gli attacchi sono aumentati? Tra le cause individuate c’è prima di tutto la crescita demografica, la quale ha portato gli uomini a “invadere” sempre più degli habitat naturali. Questa, secondo i ricercatori, è una delle principali cause che ha portato all’incremento di attacchi con lupi, orsi e felini: da una parte aumentano le aree occupate dall’uomo, dall’altra si riducono le aree selvagge. Va poi sottolineato che la maggior parte degli attacchi avvengono in coincidenza di attività ben precise, come le escursioni, il camping o la caccia.

Anche l’utilizzo dei territori ha ovviamente le sue conseguenze. Un altro studio ha dimostrato come il comportamento degli animali del Glacier National Park del Montana sia cambiato grandemente durante e dopo il Covid: se durante la pandemia gli animali avevano ripreso a muoversi sui sentieri, al finire delle restrinzioni specie come lupi, orsi e puma, spaventati dal ritorno dell’uomo, sono quasi scomparsi.

Il ruolo del cambiamento climatico

Non va trascurato il ruolo del cambiamento climatico nell’aumento degli attacchi dei grandi carnivori. Come sottolineato da Vincenzo Penteriani, tra i ricercatori che hanno partecipato allo studio del MUSE, il venire meno del ghiaccio artico sta portando automaticamente a un incremento degli incontri con l’uomo da parte degli orsi polari, con il ridursi dei loro naturali terreni di caccia. Un mese fa, per esempio, un orso polare ha ucciso una donna di 24 anni e il suo figlio di 1 anno: si è trattato dell’unico incontro fatale con un orso polare in Alaska in più di 30 anni. E anche l’aumentare della frequenza delle siccità nell’Africa subsahariana è correlata a una crescita degli attacchi. I cambiamenti climatici spingono e spingeranno sempre di più gli animali in generale, e quindi anche i grandi carnivori, nei pressi delle comunità umane, rendendo più probabili degli incontri. Anche pericolosi.