GreenWave
Green economy

GreenWave, agricoltura verticale in mare. Intervista al suo fondatore, Bren Smith.

Bren Smith è il direttore esecutivo di GreenWave, un’organizzazione di pescatori che ha l’obiettivo di rivoluzionare la coltivazione marina attraverso un sistema di tipo verticale. Un modello di agricoltura sostenibile in grado di generare nuovi lavori, ma soprattutto una tecnica che mette al centro la salute degli oceani e di conseguenza, quella della catena alimentare che da lì ne trae sostentamento.

Qual è la storia di GreenWave?

Per anni ho lavorato nel settore della pesca commerciale, saccheggiando gli oceani e devastando interi ecosistemi con le reti a strascico. Con il tempo, ho iniziato a maturare la consapevolezza di voler fare pesca in modo diverso ma non ero certo di come realizzare questa mia idea. Ho provato la piscicoltura, ma è stato scoraggiante e disarmante vedere gli stessi errori dell’agricoltura industriale ripetuti in mare. Dopo il mio trasferimento in Connecticut, ho messo su un piccolo allevamento di ostriche nel Long Island Sound distrutto poi dagli uragani Irene e Sandy. Ho perso più dell’80% del mio raccolto e la maggior parte dell’attrezzatura in mare per due anni di fila. Ma è stato questo disastro a costringermi ad adattarmi. Dalla resilienza è nata l’idea del sistema di agricoltura verticale subacqueo.

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Cosa rende GreenWave diversa dagli altri metodi di coltivazione marina?

Il sistema utilizza l’acqua marina come una “colonna”, in cui vengono allevate alghe, cozze e capesante. Le coltivazioni sono tenute salde da una corda, a cui sono collegate delle gabbie galleggianti dove sono coltivate anche ostriche e vongole. A prova di uragano, i nostri allevamenti seguono l’oceano, non si oppongono ad esso. Le culture, oltre ad avere un basso impatto estetico, non richiedono né fertilizzanti, né altri tipi di trattamenti chimici. Aiutano, al contrario, a salvaguardare l’habitat naturale. Le alghe, ad esempio, assorbono l’anidride carbonica in eccesso, mentre i molluschi filtrano i nutrienti in eccesso dalla colonna d’acqua.

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Qual è il vostro obiettivo?

L’obiettivo di GreenWave è quello di ridurre l’inquinamento, portare un beneficio all’intera catena alimentare ed instaurare un ciclo virtuoso in grado di ispirare altri “coltivatori oceanici”. Per salvaguardare noi stessi e l’ambiente in cui viviamo, è necessario proteggere gli ecosistemi marini dagli effetti distruttivi dell’attività umana che, ad esempio, causa il cambiamento della temperatura oceanica e della concentrazione dei nutrienti rendendo il patrimonio ittico sempre più vulnerabile.

Secondo l’International Program on the State of the Ocean (IPSO), “gli effetti del cambiamento climatico, l’acidificazione dell’oceano e l’esaurimento di ossigeno hanno già innescato una fase di estinzione delle specie marine senza precedenti nella storia umana”. Come si pone GreenWave di fronte a questa realtà?

GreenWave non rappresenta l’unica soluzione a questo pressante problema, ma può sicuramente partecipare alla sua risoluzione. I dati dei nostri sistemi raccontano che un’ostrica può filtrare fino a circa 189 litri d’acqua ogni giorno; l’alga kelp può assorbire carbonio fino a cinque volte in più delle piante coltivate a terra.

I nostri sistemi verticali offrono un habitat naturale sia per i pesci che per altre specie. La loro presenza potrebbe anche ridurre l’energia delle onde, aumentando la resilienza della costa in quei Paesi in cui l’innalzamento del livello del mare sta distruggendo interi villaggi. Tutto ciò che coltiviamo dunque, non solo è squisito, richiesto e nutriente, ma contribuisce attivamente al ripristino dell’ecosistema naturale.

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Non temete che l’agricoltura marina, se diffusa, potrebbe peggiorare il delicato equilibrio oceanico?

Assolutamente sì, ed è per questa ragione che i nostri programmi educativi mirano ad evitare gli errori già commessi con l’agricoltura industriale e l’acquacoltura. E’ auspicabile prevedere gli effetti del cambiamento climatico, adattandosi ad esso per salvaguardare la nostra sopravvivenza e quella dei sistemi che abbiamo irreversibilmente danneggiato.