olio di palma è cancerogeno? lo studio Efsa
Agricoltura

L’olio di palma è cancerogeno?

Come è noto – e come abbiamo già spiegato in un articolo dedicato in generale alla questione dell’olio di palma – la coltivazione dell’albero della palma in risposta al boom di richieste da parte dell’industria alimentare ha portato a diversi grandissimi casi di deforestazione. Intere foreste tropicali sono state cioè rase al suolo per fare spazio a questa coltura, soprattutto in paesi come la Malesia, l’Indonesia e la Cambogia. Su questo tema si è dibattuto parecchio, e si continuerà probabilmente a farlo: da una parte c’è il palese e drammatico danno ambientale, dall’altra ci sono la promessa di vari brand di usare solo olio di palma da coltivazioni rispettose dell’ambiente, il reddito dei contadini che hanno scelto questo coltura, le promesse non sempre mantenute di ricompensare le aree coltivate con nuove aree forestali, e via dicendo. Tra i temi maggiormente dibattuti c’è anche quello della salubrità di questo ingrediente, con diversi studi dedicati a capire se l’olio di palma è cancerogeno. Vediamo quali sono le conclusioni di una ricerca effettuata dall’EFSA.

L’olio di palma, in sintesi

L’industria alimentare utilizza – e utilizzava ancora di più – l’olio di palma e l’olio di palmisto, estratto dai semi della medesima pianta. Il primo contiene il 50% di acidi grassi, il secondo fino all’80%. Quando si parla di acidi grassi ci si riferisce a una parte dei lipidi, quelli che comunemente vengono definiti grassi, i quali possono essere saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Stando ai dati INRAN, nell’olio di palma ci sono circa 50 grammi di grassi saturi ogni 100 grammi, quasi quanti se ne trovano nel burro. Ma va detto che quello di palma non è l’unico grasso vegetale che raggiunge soglie molto alte: il burro di cacao, anch’esso molto usato per la preparazione di prodotti dolciari, contiene infatti fino a 60 grammi di grassi saturi ogni etto di prodotto.

L’olio di palma è cancerogeno? Lo studio EFSA

Uno studio EFSA pubblicato nel 2016 ha cercato di spiegare se l’olio di palma è o meno cancerogeno. L’indagine si è concentrata nello specifico su tre sostanze, ovvero 2-MCPD, 3-MCPD e glicidili esteri degli acidi grassi; si parla di sostanze che si sviluppano durante i processi di lavorazione di grassi e olii vegetali, e che si trovano quindi anche negli oli di colza, di mais, di girasole, di arachidi e via dicendo. Va detto che, affinché queste sostanze si formino, è necessario il raggiungimento di temperature superiori ai 200 gradi centigradi.

È dimostrato che queste tre sostanze, in vitro, sono cancerogene ad altissime concentrazioni. Questo vuol dire che, a concentrazioni altissime – cosa che è difficile da raggiungere con la normale alimentazione – tali sostanze sono in grado di mutare il patrimonio genetico di una cellula. Quello che è noto è che durante le lavorazioni dell’industria dolciaria difficilmente l’olio di palma può essere sottoposto a temperature superiori ai 200 gradi, cosa che però potrebbe accadere già in precedenza, durante i processi di raffinazione dell’olio.

Quindi sì, è possibile affermare che l’olio di palma è cancerogeno, proprio per la presenza di tali sostanze. Ma da questo punto di vista tale olio vegetale non è diverso da altri alimenti a rischio, come l’alcol e la caffeina.

L’olio vegetale estratto dalla palma è rischioso?

Partendo dalla decisione dell’EFSA, che nel 2018 ha impostato a 2 microgrammi per chilo al giorno la dose tollerabile di di 3-MCPD da 0,8 microgrammi, è possibile dire che il reale rischio creato dall’olio di palma per la nostra salute è marginale. Come ha spiegato AIRC, il rischio « non è mai pari a zero, ma per un consumo normale non è neppure molto elevato e rientra in quello che gli epidemiologi considerano il rischio generale legato all’ambiente esterno e agli stili di vita». A conti fatti, l’olio di palma non può essere considerato come salubre, pur non essendo il grasso peggiore tra quelli utilizzati: da un certo punto di vista, quindi, bandirne l’uso potrebbe persino portare all’utilizzo di grassi peggiori. Il vero problema resta quindi quello legato alla deforestazione causata dalle coltivazioni dell’albero di palma.