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La gigantesca perdita di biodiversità in Madagascar

Il Wwf descrive il Madagascar come un “paradiso della biodiversità”, come un “habitat straordinario per specie uniche al mondo”. E in effetti in questa grande isola a oriente delle coste africane si trovano piante e animali che non possono essere individuate in nessun altro posto sulla terra. E proprio qui per altro ogni anno vengono scoperte nuove specie. Ma cosa spiega una tale biodiversità? Tutto sarebbe da collegare al fatto che questa isola si è separata dal continente circa 165 milioni di anni fa, per via della deriva dei continenti. Ecco allora che un lunghissimo isolamento ha favorito lo sviluppo di specie uniche: attualmente il 98% dei mammiferi, il 91% dei rettili e l’80% delle piante risultano endemici. Qui è possibile trovare i lemuri, ma non solo. Metà delle 150 specie di camaleonti noti si trovano solamente su quest’isola, e qui hanno casa tra gli altri anche il fossa, un grosso gatto dal muso allungato che rappresenta il più grosso carnivoro del Madagascar, lo spinoso tenrec, nonché il primate notturno aye-aye. Negli ultimi anni però in Madagascar sta avendo luogo una drammatica perdita di biodiversità, al centro di un nuovo studio pubblicato su Nature Communications.

Cosa sta causando la grande perdita di biodiversità in Madagascar

Un tempo la terra dei lemuri era ricoperta quasi del tutto da foreste pluviali tropicali. Oggi invece rimangono forestati solamente 12 milioni di ettari. Il legname costituisce infatti ancora oggi la principale fonte economica del Madagascar, nonché la primaria fonte di energia. La deforestazione ha portato con sé la distruzione di preziosi habitat, accelerando in modo estremamente pericoloso l’estinzione di tante specie diverse.

Lo studio: milioni di anni per recuperare

Bastano pochi decenni per cancellare uno dei più importanti hotspot di biodiversità del mondo. Uno studio pubblicato su Nature Communications ha cercato di quantificare quanti milioni di anni di evoluzione siano stati bruciati per via dello sfruttamento eccessivo delle risorse nautrali del Madagascar, partendo dall’individuazione delle specie in via di estinzione sull’isola. Ebbene, tra il 2010 e il 2021 le specie di mammiferi minacciate dall’estinizione sarebbero aumentate da 56 a 128. Con un modello matematico generato al computer, i ricercatori hanno cercato di predire quanto tempo potrebbe essere necessario affinché le nuove specie possano evolvere in modo naturale per rimpiazzare quelle perse. Ebbene, il risultante “evolutionary return time” sarebbe di oltre 3 milioni di anni per i soli mammiferi estinti. E se l’attuale perdita di biodiversità continuasse a questo ritmo anche nei prossimi anni? Allora il periodo necessario per recuperare quanto perso aumenterebbe a dismisura, fino a superare i 20 milioni di anni. Come ha spiegato uno dei ricercatori, Luis Valente del Naturalis Biodiversity Center e della University of Groningen in Olanda, «saranno necessari milioni di anni per recuperare quanto stiamo perdendo oggi» aggiungendo però che «potrebbe succedere anche qualcosa di diverso: possiamo infatti proteggere milioni di anni di storia evolutiva, attraverso delle aree protette e degli aiuti alla popolazione locale, per supportarla nel miglioramento dei propri mezzi di sussistenza». Ecco allora che per fermare la perdita di biodiversità nel Madagascar è necessario prima di tutto interrompere la deforestazione, proteggendo in modo concreto le foreste rimanenti, concentrandosi parallelamente sull’introduzione di miglioramenti socio-economici per la popolazione malgascia.

Il Wwf, da parte sua, conta già diversi progetti attivi in Madagascar. Uno si concentra sullo sfruttamento sostenibile del legno del Madagascar sudoccidentale, uno sull’introduzione di metodi di pesca sostenibili, un altro sulla protezione della foresta pluviale e sul parallelo aiuto ai piccoli agricoltori, e l’ultimo sul Barefoot College, attraverso il quale le donne possono diventare ingegneri solari.