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Cambiamento climatico

Trump, Inversione a U nelle politiche ambientali Usa

L’aveva promesso in campagna elettorale e durante i primi mesi di presidenza ha chiarito il suo punto di vista cancellando una dopo l’altra tutte le politiche ambientali Usa varate dall’amministrazione dell’ex presidente Barack Obama. E ora, anticipato da due giorni di sussurri dai corridoi della Casa Bianca, il presidente Trump ha dato un colpo di straccio alle ultime speranze di tutti gli ambientalisti statunitensi e del mondo intero, ufficializzando l’uscita del suo Paese dagli accordi di Parigi. In quel dicembre 2015, quando l’impegno di Obama si unì a quello di altri 194 leader del mondo per tagliare l’inquinamento e quindi rallentare il cambiamento climatico, non si sarebbe di certo potuti aspettare un tale dietrofront delle politiche ambientali Usa. E in molti stentavano a crederci anche dopo le ripetute minacce di Trump, continuando a pensare che le uscite più estreme del tycoon fossero per l’appunto solo ed unicamente delle intimidazioni a vuoto. Ebbene, oggi sappiamo che non è affatto così.

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Il dissenso interno sulle nuove politiche ambientali Usa

Questo secco ripensamento sulle politiche ambientali Usa è figlio dell’ideale nazionalistico con cui Trump ha vinto le elezioni presidenziali, ovvero ‘America First’. «Gli Stati Uniti cominceranno a negoziare un nuovo accordo sul clima» ha dichiarato Trump, spiegando che «vogliamo un accordo che sia giusto. Se ci riusciremo benissimo, altrimenti pazienza». Il dissenso intorno a questa opinione non è solo delle associazioni ambientaliste, non è solo di tutti i firmatari degli accordi di Parigi, non è solo dei cittadini statunitensi, ma anche di buona parte della Casa Bianca. Da una parte, infatti, la linea decisa da Trump rispecchia in pieno la linea portata avanti dal negazionista climatico Scott Pruitt, famigerato per i suoi interessi nel campo petrolifero e paradossalmente a capo dell’Epa (l’Agenzia per la protezione ambientale americana) e dal fedelissimo del presidente e rappresentante di spicco del movimento di estrema destra Steve Bannon. Ma se questi due personaggi festeggiano per la decisione di Trump, di tutt’altro avviso sono per esempio il capo degli esperti economici della Casa Bianca Goldman Sachs, e persino Rex Tillerson, segretario di stato ed ex Ceo della Exxon Mobil. A tutto questo va aggiunto che al momento dell’annuncio ufficiale, avvenuto davanti a frotte di giornalisti stupefatti, si è notata l’assenza della figlia nonché consigliera del presidente Ivanka Trump, anche lei notoriamente contraria a questo stop delle politiche ambientali Usa.

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Il disappunto di Elon Musk

Non poteva che essere in disaccordo con il presidente Trump anche uno dei suoi più brillanti consulenti, quell‘Elon Musk fondatore di Telsa e di SpaceX che da sempre lavora proprio in direzione della salvaguardia dell’ambiente. Musk ha dichiarato chiaramente su Twitter «ho fatto tutto quello che ho potuto per convincere il Presidente degli Stati Uniti a rimanere negli accordi di Parigi». In un tweet precedente alla dichiarazione shock di Trump riguardo alle politiche ambientali Usa, Musk aveva anche spiegato che, nell’eventualità – ora divenuta realtà – in cui il presidente avesse deciso di non ascoltare i suoi consigli, lui non avrebbe potuto fare altro che dare le proprie dimissioni come consulente della Casa Bianca.

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La reazione di Gentiloni

Va però sottolineato che non è ancora stata detta se non l’ultima, perlomeno l’ultimissima parola. Per completare l’iter di ritiro dagli accordi di Parigi sono infatti necessari la bellezza di quattro anni, e questo significa che gli Stati Uniti non potranno effettivamente chiamarsi fuori dal trattato prima del 2020, anno delle nuove elezioni presidenziali americane. Non si sono ovviamente fatte aspettare le reazioni dei leader mondiali, tutte quante più o meno contrarie alla decisione presa da Trump. Non agisce diversamente il premier italiano Gentiloni, che a questo riguardo rassicura la posizione del nostro Paese: «c’è un accordo, quello di Parigi sul clima, che va mantenuto, e noi lo manterremo. E spero che gli Stati Uniti possano rivedere la posizione che hanno preso».