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Energia nucleare: e le scorie radioattive dove le mettiamo?

Quello dell’energia nucleare sta diventando uno dei temi caldi della nuova campagna elettorale. Nel centrodestra, e in particolare dalla Lega di Matteo Salvini, arriva infatti l’apertura verso questa fonte di energia, la quale come è noto è stata bandita dall’Italia con il referendum del 1987, che ha trovato una conferma nel referendum del 2011. Ma il leader del Carroccio non è certo l’unico a esprimersi in favore delle centrali nucleari italiane. Ben prima della crisi di governo, a giugno, si stava creando un asse con Carlo Calenda, diventato poi in queste settimane l’ago della bilancia delle prossime elezioni politiche. Il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, a riguardo, aveva lasciato aperta ogni possibilità, rinnegando almeno in parte la tradizionale posizione dei pentastellati contro il nucleare, laddove invece Enrico Letta, leader del PD, ha già espresso il suo dissenso. Non ci sono però dubbi: vista la crisi energetica dei mesi scorsi, sono in molti ad accarezzare sempre di più l’idea di ridare vita agli stabilimenti nucleari italiani. Sarebbe però un errore agire in tal senso senza considerare attentamente la questione delle scorie radioattive.

L’energia nucleare e l’Europa

Aveva fatto scalpore, qualche mese fa, la decisione dell’Unione Europea di inserire nella lista delle fonti energetiche verdi fondamentali per la transizione energetica del continente sia il nucleare che il gas. Perlomeno temporaneamente, infatti, queste fonti sarebbero da sfruttare per portarsi verso un futuro basato prevalentemente su delle energie rinnovabili, per lasciarsi alle spalle i combustibili fossili. Ma attenzione: stando alla Commissione europea, possono essere considerate sostenibili solamente le centrali nucleari che presentino un piano completo per lo stoccaggio delle scorie radioattive prodotte.

Le scorie radioattive già presenti in Italia

L’Italia ha vissuto una lunga e piuttosto intensa stagione nucleare, dal 1963 al 1990. In poco meno di trent’anni sono stati prodotte tantissime scorie radioattive, le quali devono ancora trovare un deposito sicuro. Attualmente, stando all’Ispettorato sulla sicurezza nucleare, nel nostro paese esistono 26 depositi e i 19 centri di stoccaggio minori di rifiuti radioattivi. Si parla dei materiali delle ex centrali nucleari, ma anche delle sorgenti radioattive usate nel mondo della diagnostica, di reagenti di laboratorio, di radiografie industriali, di sensori di fumo, di indumenti usati con materiali radioattivi, e via dicendo. Si calcola che in Italia siano al momento presenti 31.751 metri cubi di rifiuti radioattivi. Il 29,93% circa si trova nel Lazio, anche se va detto che la regione più esposta in termine di radioattività è il Piemonte, per via degli insediamenti nell’Alessandrino, nel Vercellese e nel Tortonese.

Il deposito nazionale delle scorie nucleari in Italia: si rimanda al 2029

E mentre si continua a discutere se riavviare o meno la produzione di energia nucleare in Italia, deve ancora trovare risposta l’annosa domanda sulla località in cui verrà costruito il deposito nazionale delle scorie nucleari. Se qualcosa si è capito in questo anni, quel qualcosa è che nessuno vuole delle scorie radioattive nel giardino di casa. Ecco allora che risulta difficile individuare una località in cui costruire un impianto di stoccaggio abbastanza grande da raccogliere circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Stando al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, entro la fine del 2023 si dovrebbe riuscire a individuare il luogo finale per la costruzione del centro, il quale dovrebbe essere avviato entro il 2029. Dei ritardi su questa tabella di marcia, però, non sorprenderebbero nessuno: si pensi al fatto che la mappa che indicava le aree potenzialmente idonee per la costruzione del sito è stata mantenuta segreta e inutilizzata per quasi un lustro, per creare delle levate di scudi non appena resa pubblica, nel 2021. Nessuno dei 67 Comuni italiani indicati vuole infatti sentir parlare della costruzione del deposito nazionale delle scorie nel proprio territorio, né in quelli vicini.