Prodotti surgelati (foto: nfo.leshop.ch)
Benessere green

Tentazioni bio ed esigenze junk food: la spesa difficile degli italiani

L’INDAGINE. Il carrello degli italiani sembra preda di una confusione alimentare: il consumatore medio è diviso tra prodotti bio e prodotti industriali, e finisce sempre più spesso per accoppiare nella propria dispensa alimenti altamente salutisti e sostenibili con altri classificabili senza tante remore nella categoria del junk food. Questa stravagante sentenza è il risultato di una ricerca marketing condotta da Nielsen Italia, che evidenzia l’anima divisa dell’italiano: se da una parte la tentazione del biologico e del salutismo è forte, dall’altra la necessità del risparmio e del pasto veloce ridimensiona le aspirazioni dell’alimentazione sostenibile.

LA CARNE ROSSA DIVIDE L’ITALIA. Se la confusione alimentare coinvolge l’intera penisola in modo pressoché uniforme, non di meno ci sono dei cardini che differenziano piuttosto nettamente il settentrione dal meridione: al sud, per esempio, si consuma sempre meno carne rossa, sostituita costantemente da legumi e uova. Al nord, con epicentro a Milano, i surgelati viaggiano invece con il vento in poppa, come anche i salumi in busta, che guadagnano il 23% sui salumi freschi.

IL RISTORANTE È SURGELATO, IL CAFFÉ È IN CAPSULA. La crisi ha spinto gli italiani a tagliare drasticamente le cene fuori casa. Ma se si rinuncia al ristorante, non si vuole parimenti fare a meno di un pasto serale veloce senza doversi mettere ai fornelli: la soluzione scelta dagli italiani è l’acquisto in massa della pizza surgelata, il cui consumo è lievitato del 20%. La desolazione dei portafogli ci ha poi spinto a eliminare in buona parte anche uno dei comportamenti più tradizionalmente italiani, ovvero quello del buon caffè al bar. A guadagnarci è il mercato delle capsule del caffè, cresciuto del 130% in soli 5 anni.

LA QUESTIONE ECONOMICA E IL FATTORE TEMPO. Come si può intuire, le differenze di reddito incidono fortemente sulle scelte alimentari degli italiani. Come sottolinea Vanni Codeluppi, dell’Università Iulm di Milano, «la fascia medio bassa risente della crisi e non è indotta a una grande coscienza nutrizionista». Le classi più agiate possono invece permettersi il lusso del bio, scelta dietro la quale, secondo Codeluppi, «non c’è tanto una salvaguardia dell’ambiente, quanto della propria salute». E se la scelta o meno del bio sarebbe dettata da questioni economiche, quella contrapposta del prodotto industriale sarebbe indotta per lo più dal fattore tempo: meno tempo libero si ha a disposizione, più si cercano prodotti pronti o surgelati.