Vino e cambiamento climatico:
Agricoltura

Vino e cambiamento climatico: fino al 70% delle regioni vinicole fuorigioco

Chi avrebbe mai potuto prevedere che sarebbe arrivato il momento in cui gli inglesi, al di là della Manica, avrebbero sfidato italiani e francesi sulla produzione del vino? Il rapporto complesso tra vino e cambiamento climatico fa sembrare questa situazione sempre più probabile. Quelli che fino a pochi anni fa erano considerati oggettivamente come dei territori troppo freddi o magari troppo piovosi per la coltivazione della vite, oggi si presentano spesso come possibili opzioni per i vignaioli. E non si tratta unicamente di pionieri anglosassoni: hanno fatto notizia gli acquisti di terreni nel Kent e nel Sussex da parte di importanti marchi di champagne. E peraltro non si parla unicamente degli inglesi. Anche in Germania infatti stanno crescendo gli investimenti nel settore vitivinicolo, nella convinzione che i cambiamenti climatici stiano mettendo in seria difficoltà i produttori del Sud Europa.

Lo studio: fino al 70% delle regioni vinicole fuorigioco

Si capisce quindi che parlare di vino e cambiamento climatico significa parlare anche di uno “spostamento” geografico della produzione verso aree che attualmente sembrano essere, se non più favorevoli, perlomeno considerabili. I produttori italiani, per fare un esempio, negli ultimi anni hanno avuto a che fare non solo con un forte aumento delle temperature medie, non solo con lunghi periodi di siccità, ma anche con alluvioni. Tutti insieme, questi fenomeni meteorologici hanno messo a rischio intere zone rinomate per la loro produzione di vino. Un recente studio sul rapporto tra vino e cambiamento climatico (intitolato Climate change impacts and adaptations of wine production, pubblicato su Nature eviews Earth and Environment) ha affermato che, nel caso in cui si dovessero superare i 2 gradi di riscaldamento globale (che ricordiamo essere la soglia drammatica fissata dagli Accordi di Parigi, che punterebbero invece a restare entro gli 1,5 gradi di riscaldamento) fino al 70% delle regioni vinicole rischierebbero di dover abbandonare la produzione. Si parla tendenzialmente delle aree costiere e in pianura di Spagna, Italia e Grecia, nonché, guardando al di fuori dell’Europa, della California e dell’Australia.

Vino e cambiamento climatico: gli effetti sulle viti

Lo scontro tra produzione di vino e cambiamento climatico si potrebbe quindi tradurre in una viticoltura più complessa e, in proporzioni variabili, geograficamente diversa. Questo sapendo che le ondate di calore finiscono per “ustionare” i frutti, riducendo la qualità dell’uva. Ancora prima, la temperatura troppo alta concentra gli zuccheri degli acini, incrementando così la parte alcolica del futuro vino. Ma va sottolineato anche il ruolo del calore nell’influenzare i composti volatili che “compongono” le note olfattive dei vini. E ancora, come fanno notare i vignaioli, l’uva per maturare nel modo giusto ha bisogno di giornate calde e notti fresche, ma è noto che negli ultimi anni le notti estive hanno visto spesso temperature altissime, con un conseguente degrado degli acini, che non riescono a “raffreddarsi”. Altri danni possono arrivare dalla siccità, che riduce la produzione, quanto ovviamente dalle piogge troppo abbondanti e dalle inondazioni, sapendo che l’acqua che si deposita sul suolo non permette alle radici di respirare.

Le strategie di adattamento

Di certo non mancano strategie per adattare la produzione di vino ai cambiamenti climatici. In caso di ondate di calore è necessario irrigare le viti, andando però a impattare negativamente sulle riserve di acqua dolce. È possibile poi spostare i vigneti più a nord, o in certi casi più in alto, movimenti che per tantissimi produttori sono semplicemente inascoltabili; un’altra strategia prevede di puntare su altre piante, e quindi su varietà d’uva maggiormente resistenti di fronte al calore o alla siccità. Ma come convincere dei viticoltori di regioni storicamente famose per la coltivazione di un determinato vitigno a cambiare varietà?