bottiglia commestibile
Riciclo plastica

Plastica addio, arriva la bottiglia commestibile

La nuova frontiera del riciclo non è più solo quella dell’eco-sostenibilità ma anche della commestibilità. Avremmo mai pensato di poter mangiare una bottiglia d’acqua dopo averla usata anziché gettarla nella spazzatura? Grazie all’invenzione di Ari Jònsson, studente 32enne dell’Accademia d’Arte di ReykjavIk, in Islanda, questo sarà possibile.
A dire il vero, non si tratta di una novità assoluta perché un’idea simile era venuta un paio di anni fa a due designer spagnoli che avevano lanciato OOho, una bottiglia in alghe trasparenti. Ma questa volta il concept sembra più realistico e implementabile.

Un’alternativa alla plastica

Il progetto, presentato al Festival del design svoltosi nella capitale islandese dal 10 al 13 marzo scorso, è nato da una riflessione sugli sprechi:

“Quando ho scoperto che il 50% dei prodotti in plastica viene usato soltanto una volta e poi gettato via, ho sentito il bisogno urgente di trovare un modo per sostituire almeno una parte dell’incredibile quantità di plastica che produciamo, usiamo e gettiamo via ogni giorno”.

La ‘ricetta’: alga rossa, acqua e calore

Dopo aver ipotizzato la sperimentazione di alcuni materiali riciclabili e/o biodegradabili  Jònsson si è imbattuto nell’agar-agar, una polvere che si ottiene dalla lavorazione dell’alga rossa, utilizzata finora principalmente in cucina. Mescolando l’agar-agar con l’acqua si ottiene una miscela gelatinosa che, riscaldata a fuoco lento, diventa elastica e quindi lavorabile. Lo studente ha così travasato il composto in uno stampo a forma di bottiglia e lo ha riposto in congelatore. Una volta solidificato il recipiente è pronto all’uso.

La bottiglia commestibile si decompone da sola

La particolarità di questa bottiglia commestibile è che finché contiene liquidi al suo interno rimane intatta ma, una volta svuotata, inizia lentamente a decomporsi. Insomma, oltre al fatto essere composta al 100% di materiali naturali e a-tossici, la bottiglia attiva un processo di biodegradazione naturale e spontaneo. L’unica pecca, come ha ammesso lo studente, è che dopo un contatto prolungato, l’acqua assume il sapore, piuttosto pungente, dell’alga. Poco male perché, come già detto, la bottiglia può essere mangiata e per chi non volesse aspettare che si decomponga può riciclarla in cucina. D’altra parte l’uso dell’alga rossa, soprattutto nella cucina orientale e vegana (ne è un esempio il dessert giapponese Anmitsu) non è una novità.