che fine fa l'umido
Riciclo rifiuti

Che fine fa l’umido? Il caso virtuoso della Corea del Sud

In Italia stanno migliorando di anno in anno le performance per quanto riguarda la raccolta differenziata: stando al XI Rapporto sulla raccolta differenziata e il riciclo di Anci e Conai, presentato pochi mesi fa, il dato medio complessivo si attesta al 63% di differenziata, con una punta massima del 76,1% in Veneto e con maglia nera alla Sicilia con il 42,3%, seppur con un buon +26,8% rispetto all’analisi di 5 anni prima. Dividiamo quindi sempre di più plastica, carta, vetro e organico: ma che fine fa l’umido che raccogliamo negli appositi contenitori? Come sappiamo, nemmeno i rifiuti organici possono dichiararsi amici dell’ambiente. Anzi: il processo di fermentazione degli scarti di cibo comporta grandi moli di emissioni di gas a effetto serra, a partire dal metano, gas che come è noto ha una capacità di molto superiore all’anidride carbonica di trattenere il calore nell’atmosfera terrestre. Per questo motivo il corretto trattamento di rifiuti organici è essenziale per ridurre il riscaldamento del pianeta; ciò significa, molto semplicemente, che andrebbe evitato il semplice conferimento dell’organico in discarica. Ma come viene gestita quindi questa parte dei rifiuti in Italia? Che fine fa l’umido che produciamo quotidianamente, e quali sono le soluzioni migliori?

Che fine fa l’umido in Italia

Prima di scoprire che fine fa l’umido in Italia, è bene capire quali sono i numeri dei rifiuti organici nel nostro Paese. I dati diffusi dal Consorzio italiano compostatori ci dicono che in Italia si producono annualmente circa 117 chilogrammi di umido a persona, ovvero 7,1 milioni di tonnellate. Come vengono trattate queste enormi quantità di rifiuti organici? Ebbene, in diversi modi: alcuni ottimi, alcuni buoni, alcuni pessimi. In Italia si contano complessivamente 339 impianti di trattamento biologico, i quali però non sono tutti uguali. Di questi, 281 sono impianti di compostaggio, mentre 58 sono impianti integrati di digestione anaerobica e di compostaggio; se i primi si limitano a produrre del compost (il quale viene utilizzato prevalentemente in agricoltura) i secondi producono oltre al composto anche del biogas, andando cioè a valorizzare le emissioni del processo di fermentazione.

Il problema è che attualmente gli impianti di compostaggio non sono neanche lontanamente sufficienti per riuscire a trattare tutti rifiuti organici prodotti nel nostro Paese: per questo non si può rispondere in modo univoco alla domanda “che fine fa l’umido in Italia”. Parte di questo viene compostato, il restante no. Dei 281 impianti di compostaggio di cui si è parlato, 173 si trovano nel Settentrione, 46 al Centro, 62 nel Meridione e nelle isole. Guardando ai impianti integrati, si scopre che ben 47 su 58 si trovano a Nord. C’è ancora moltissimo da fare, sapendo peraltro che spesso gli impianti di compostaggio vengono osteggiati; sono tanti i comitati territoriali che si oppongono alla costruzione stessa di questi stabilimenti, per non avere a che fare con i temuti cattivi odori nei paraggi delle proprie abitazioni.

Il caso virtuoso della Corea del Sud

Se c’è un Paese a cui guardare per prendere esempio sulla gestione dell’organico, quello è la Corea del Sud. Qui è più facile rispondere alla domanda “che fine fa l’umido?” perché il Paese ha imposto fin dal 2005 una legge che impone il divieto di conferire i residui di cibo in discarica. Si pensi che i ristoranti coreani sono tenuti a raccogliere i rifiuti di cibo in appositi contenitori, che vengono ritirati quotidianamente per essere processati. Tutti gli scarti vengono triturati, essiccati e seccati completamente: durante questa operazione i gas vengono convogliati per poi essere usati come biogas, mentre il vapore viene purificato prima di essere rilasciato nell’atmosfera. La parte solida, dopo 4 ore di forno, si trasforma in polvere secca, che può essere impiegata insieme ad altre sostanze per realizzare del mangime. Ci sono poi altri stabilimenti coreani che sono invece più improntati alla creazione di biogas, con gli scarti che restano per circa un mese in grandi vasche, proprio per raccogliere il metano e l’anidride carbonica conseguenti il processo di fermentazione, così da avere biogas da sfruttare nel teleriscaldamento per migliaia di abitazioni.  Per ora, nessun altro Paese al mondo sembra aver messo a punto un sistema efficiente come quello coreano per la gestione dell’umido.