Città ed emissioni fossili
Inquinamento

Città ed emissioni fossili: le industrie del petrolio finiscono in tribunale

A metà degli anni ’90 era toccato alle industrie del tabacco, ora è la volta delle grandi aziende di combustibili fossili. Le accuse e le rivendicazioni sono le stesse: aver danneggiato con consapevolezza. Se qualche decennio fa i produttori di sigarette erano finiti nelle aule dei tribunali con l’accusa di aver sviluppato il proprio business nonostante fossero a conoscenza dei danni effettivi e potenziali provocati dal tabacco, nascondendoli ai consumatori, adesso la storia si ripete. E sul banco degli imputati si stanno sedendo le compagnie petrolifere, ritenute colpevoli di aver contribuito all’aggravamento dei cambiamenti climatici, in piena coscienza. Se la storia insegna, le industrie del petrolio dovrebbero tremare. La Guerra del Tabacco si è infatti conclusa con risarcimenti da capogiro e la lotta delle città ed emissioni fossili, che è appena iniziata, potrebbe avere lo stesso esito.

Città ed emissioni fossili: 884 cause legali sul cambiamento climatico

I numeri delle cause legali stanno aumentando di anno in anno. Secondo un sondaggio realizzato dal Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University, in tutto il mondo ci sono attualmente 884 cause aperte su questioni climatiche.

“Più di 170 Paesi del mondo riconoscono il diritto dei cittadini a un ambiente pulito – spiega Michael Burger, direttore esecutivo del Sabin Center – e la giurisprudenza sta cercando di tenere il passo”.

Le cause intentate che hanno come focus le città ed emissioni fossili portano avanti una serie di battaglie inerenti la mancanza di leggi stringenti sulle emissioni nocive, la poca incisività nella ricerca e negli investimenti in fonti energetiche alternative, oltre ovviamente alla responsabilità delle aziende di aver immesso nell’atmosfera per decenni particelle inquinanti.

Gli Usa in prima linea nella battaglia

Sebbene si tratti di un fenomeno mondiale, anche in questo caso la parte del leone la fanno gli Stati Uniti d’America, con il 68% di cause legali presentate nei tribunali che hanno come oggetto il cambiamento climatico. L’ultima è stata presentata dalle città californiane di San Francisco e Oakland, che sembrano intenzionate a battersi seriamente per il riconoscimento di quello che reputano un diritto: il pagamento dei danni e delle soluzioni per arginare i disastri naturali provocati dai cambiamenti climatici spetta alle industrie del petrolio.

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5 colossi petroliferi sul banco degli accusati

E’ questa la differenza con altre azioni legali intentate altrove. La California ha individuato i colpevoli (cinque colossi petroliferi: Chevron, ConocoPhillips, Exxon Mobil, Shell e BP), ha supportato le accuse con alcuni dati scientifici (secondo uno studio del 2016 della Union of Concerned Scientists le sopracitate aziende sono responsabili del 15% delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’epoca della Rivoluzione Industriale ai giorni d’oggi, sta cercando di dimostrare l’omissione volontaria dei rischi legati al cambiamento climatico. E ha individuato il risarcimento, che dovrebbe coprire qualsiasi investimento che i paesi della baia sono costretti a coprire per tutelare il territorio dalle inondazioni sempre più frequenti.

Città ed emissioni fossili: è solo l’inizio

La battaglia di San Francisco e Oakland segue quella iniziata un paio di anni fa, sempre in California, da parte di Marin County e San Mateo e Imperial Beach che hanno portato il colosso petrolifero texano Exxon in tribunale con l’accusa di aver ingannato per decenni gli investitori sui possibili rischi dei cambiamenti climatici. E molto probabilmente, specie i paesi che sono costretti, e lo saranno nei prossimi anni, ad affrontare i danni e le situazioni emergenziali provocati da alluvioni, tempeste e tornadi causati da un clima sempre più instabile, seguiranno il loro esempio.