Eolico offshore in Norvegia
Eolico

Eolico offshore in Norvegia: 30 GW entro il 2030

Che la Norvegia si presenti come un campione a livello globale nel mondo delle energie rinnovabili non ci sono davvero dubbi. Già oggi circa il 96% dell’energia elettrica prodotta in Norvegia arriva dagli impianti idroelettrici sparsi per il paese. Sempre qui, stando ai dati OFV aggiornati a febbraio 2022, quasi il 10% delle auto private circolanti è elettrico, con il primo trimestre del 2022 che ha visto l’83% di automobili elettriche tra le nuove immatricolazioni. Questo significa tra l’altro che il paese è chiamato a rispondere in tempi piuttosto brevi a un importante aumento della richiesta dei elettricità, avendo a che fare di giorno in giorno con un numero sempre più alto di veicoli bisognosi di energia. Per garantire il fabbisogno energetico, per continuare la propria transizione energetica e sì, anche per esportare elettricità all’estero, la Norvegia ha quindi deciso di assegnare all’eolico offshore aree marine sufficienti per raggiungere 30.000 MW di capacità eolica offshore, il tutto entro il 2040.

Un obiettivo ambizioso

A presentare l’ambizioso obiettivo è stato il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre, leader del partito laburista e in carica come capo del governo dall’ottobre 2021. Sono già stati identificati due differenti siti che potrebbero garantire 4.500 MW di capacità, e altri dovranno essere individuati nei prossimi mesi e anni. Per ora si calcola che la Norvegia, per raggiungere la capacità indicata entro il 2040, dovrà assegnare circa l’1% delle proprie acque nazionali alla costruzione di impianti per l’eolico offshore, fissi o galleggianti. L’energia prodotta dai nuovi impianti sarà indubbiamente troppa per il fabbisogno norvegese – si parla pur sempre di uno stato che conta 5,4 milioni di persone, poco più della popolazione complessiva della regione Veneto – e una buona parte sarà quindi destinata all’export. Saranno dunque presi in considerazione dei progetti per l’installazione di cavi per portare l’energia prodotta dall’eolico offshore in Norvegia verso gli altri stati europei.

L’eolico offshore in Norvegia, oggi

Per ora la Norvegia non conta nessun impianto eolico offshore a fini commerciali. Anzi, si potrebbe dire che per ora, se confrontata a quella ipotizzata dal primo ministro, l’industria eolica norvegese sia a una strato embrionale. Quel che è certo è che un ruolo da protagonista in questo nuovo corso sarà ricoperto proprio dalle grandi aziende petrolifere norvegesi, che vedono nell’eolico offshore una nuova interessante strada da percorrere. Tra i leader a livello internazionale per lo sviluppo di tecnologie per impianti offshore galleggianti vi è del resto proprio Equinor, tra i giganti norvegesi del petrolio, che è ormai pronta ad accendere il suo parco eolico galleggiante da 88 megawatt. Il quale, però, non sarà usato per alimentare la rete pubblica norvegese, quanto invece per dare energia alle piattaforme petrolifere della stessa azienda dislocate nel Mare del Nord. L’obiettivo in tal senso è rendere meno inquinante l’estrazione dei combustibili fossili.

Il prossimo grande progetto dell’eolico offshore in Norvegia avrà invece luogo nei pressi dell’isola Utsira, a sud ovest. Tra le realtà che si sono candidate per costruire e gestire questo parco eolico, fra l’altro, c’è anche una compagnia fondata da HitecVision in collaborazione con l’italiana Eni.

L’eolico non elimina il petrolio

Come visto, l’eolico offshore norvegese non elimina automaticamente il petrolio, e anzi può diventare un supporto all’industria petrolifera, perlomeno per il momento. Di certo la Norvegia non è intenzionata a bloccare l’estrazione del combustibile fossile nei prossimi anni. Al contrario: stando a un’indagine condotta da Oil Change International, la Norvegia nell’ultimo decennio avrebbe concesso 700 licenze di esplorazione, ovvero un numero pari a quelle concesse nel cinquantennio precedente. In un paese che deve gran parte della sua ricchezza proprio al petrolio, e che può finanziare la propria sostenibilità interna proprio grazie alle esportazioni di idrocarburi, non sarà facile individuare il punto in cui “bloccare” le estrazioni di combustibile fossile.