Scorie nucleari (foto: corriere.it)
Italia

Una mappa per la raccolta dei rifiuti radioattivi italiani

SMALTIMENTO RIFIUTI RADIOATTIVI. Scorie radioattive: dove le mettiamo? In Italia abbiamo 90 mila metri cubi di materiali altamente pericolosi da mettere in sicurezza. Alcuni mesi fa avevamo parlato della Guida tecnica pubblicata dall’Ispra, nella quale venivano specificate le caratteristiche che rendono un sito idoneo alla costruzione di un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi in territorio italiano. Ora la Sogin, la società pubblica che dovrà concretamente gestire la messa in sicurezza delle scorie, ha consegnato all’Ispra un elenco di aree adatte alla costruzione del deposito nazionale.

UN CENTINAIO DI SITI IDONEI. Insomma, l’Ispra si ritrova ora tra le mani una mappa con un numero incerto di siti idonei alla realizzazione del deposito nazionale. Si vocifera che i luoghi prescelti siano un centinaio, sparsi in una dozzina di regioni italiane. Niente però è sicuro, in quanto la mappa in questione sarà resa pubblica soltanto in primavera. Quel che è certo è invece il dogma secondo la quale questi siti sono stati scelti: niente lagune, zone protette, dighe, miniere, aree sismiche, aree soggette ad alluvioni o frane, o vicine a poligoni di tiro; eliminate le aree sopra i 700 metri di altitudine e sotto i 20 metri dal livello del mare, come anche i siti a meno di 5 chilometri dal mare, a meno di un chilometro da ferrovie o da strade a grande scorrimento, o troppo vicini a centri abitati o fiumi.

IL DEPOSITO NUCLEARE NAZIONALE. Come si può capire, azzardare delle ipotesi sarebbe del tutto fuori luogo. Si sa solo che da questa lista consegnata all’Ispra dalla Sogin uscirà il nome di un particolare sito, sul quale verrà effettivamente costruito l’enorme deposito nazionale. La struttura dovrà essere composta da due parti: la prima sarà il deposito di superficie, in cui i barili contenenti sostanze radioattive saranno circondati da tre strati di protezione (calcestruzzo, cemento, materiale impermeabile); la seconda sarà un polo di ricerca, nel quale si studieranno delle tecnologie da applicare nel campo del decommissioning.

90 MILA METRI CUBI DI MATERIALE RADIOATTIVO. L’intera opera richiederà un investimento che si aggirerà intorno al miliardo e mezzo di euro, un prezzo altissimo ma assolutamente necessario per garantire la completa sicurezza dei 90 mila metri cubi di materiale radioattivo presente sul suolo nazionale. Curiosamente, solo il 60% di questi rifiuti proviene dallo smantellamento delle centrali nucleari, mentre il restante 40% verrà raccolto da laboratori di attività diagnostiche e terapeutiche di medicina nucleare e da altri laboratori di ricerca, enti che contribuiscono loro malgrado alla creazione di 500 metri cubi di rifiuti radioattivi all’anno.