NeoRuraleHub
Agricoltura

NeoruraleHub: tornare a coltivare come un tempo

Un recente studio della FAO dimostra che quasi il 90% della deforestazione globale è causato dall’agricoltura e dall’allevamento. Uno studio dell’Università di Sidney afferma che due terzi dei terreni agricoli mondiali, equivalente a 24,5 milioni di chilometri quadrati, è a rischio di inquinamento da pesticidi, mentre per un terzo si parla di alto rischio. E non è tutto qui: si prevede che questi numeri siano destinati a crescere, per via dell’aumento demografico che ci si aspetta nei prossimi anni (con la popolazione mondiale che si dirige verso gli 8,5 miliardi nel 2030). Da una parte, quindi, ci si domanda come soddisfare il fabbisogno alimentare di un mondo che potrebbe contare circa 10 miliardi di persone entro la metà del secolo; dall’altra invece è ormai evidente che il modello agricolo attuale non è e non può essere sostenibile. C’è qualcuno, però, che sta cercando una soluzione, ispirandosi ai principi dell’economia circolare, nonché ai modelli agricoli del passato più antico. Questo qualcuno è NeoruraleHub, una società che prende luogo a Giussago, pochi chilometri fuori Milano.

NeoruraleHub, un’oasi in mezzo a un deserto agricolo

Il principio fondante di NeoruraleHub, secondo le parole Piero Manzoni, fondatore e amministratore delegato di NeoruraleHub, intervistato dal Corriere della Sera, è quello di «un’agricoltura non più intesa come fornitrice di soli prodotti agricoli, ma di servizi ecosistemici.  In campagna favoriamo startup, pmi e aziende con tecnologie innovative nel campo dell’agrifood». Come spiega Manzoni, il migliore esempio di economia circolare arriva proprio dalla natura, che «che la pratica da milioni di anni: i rifiuti degli uni diventano una risorsa per altri, il pianeta si autogestisce e le risorse sono salvaguardate». In tutto la società gestisce 1.700 ettari di terreno, dove non si pratica né l’agricoltura biologica né quella biodinamica, quanto invece quella biogenerativa. E di certo è un progetto notevole, non fosse perché prende luogo nel bel mezzo di un’area che si distingue per l’approccio agricolo industriale e intensivo. Manzoni, però, guardando a questo modello parla di “deserto agricolo”, in cui l’incentivo, come accade in Europa e negli Stati Uniti, viene dato «per ettaro di seminativo, ciò favorisce la scomparsa di alberi, siepi, canali. Ogni centimetro quadrato che non può essere seminato viene eliminato: si crea un deserto agricolo. La nostra logica è diversa: dare l’incentivo all’agricoltore se diventa tutore del territorio e crea un polmone verde intorno alle città stoccando CO2».

L’agricoltura biogenerativa

Ecco allora che NeoruraleHub, anziché abbattere alberi, ne ha piantati di autoctoni tra un campo e l’altro, lì dove ha creato anche una rete di canali e di dighe per favorire un’irrigazione naturale, al posto di quella industriale che per irrigare i campi consuma spesso energia da combustibili fossili. Così, con un ecosistema ricco, i terreni sono più fertili, più ricchi di nutritivi, un po’ come accadeva nell’antichità quando gli animali erano lasciati liberi nei campi per renderli più fertili con le loro deiezioni. Ecco allora che, grazie agli uccelli che si nutrono di insetti, le zanzare sono scomparse da questi campi coltivati soprattutto a riso, senza usare pericolosi pesticidi. Nei terreni agricoli di NeoruraleHub si trovano rane, anatre, lepri, caprioli, cicogne, con campi che, grazie a queste “esternalità positive” risultano nelle parole di Manzoni tre volte più fertili di quelli circostanti. A completare il tutto c’è poi un innovativo impianto di digestione termofila dei rifiuti urbani e di scarti agricoli, che si autoalimenta e persino vende energia verde, fornendo il fertilizzante per i campi coltivati. «Una volta irrigato» spiega Manzoni «gli elementi nutritivi passano nel terreno e in soluzione solubile vengono assorbiti dalle piante. Il risultato è che non ho più la necessità di arare e rivoltare le zolle per far penetrare i fertilizzati che ricavo del petrolio. Non rivoltando più il terreno, non anniento la sostanza organica presente nel terreno formata da lombrichi, collemboli e altri organismi microscopici fondamentali per un terreno naturale in salute».