Due sub impegnati in operazioni di recupero degli pneumatici
Inquinamento

Osborne Reef: la barriera corallina fatta di pneumatici

COME CREARE UNA BARRIERA CORALLINA. Fu di Gregory McIntosh negli anni ’70 l’idea di creare in Florida, al largo del Sunrise Boulevard di Fort Lauderdale, una barriera corallina artificiale utilizzando vecchi pneumatici. L’esperimento era già stato tentato nel Golfo del Messico, in Indonesia, Malesia, Africa ed Australia, tanto che il progetto fu approvato dal Corpo degli Ingegneri dell’esercito degli Stati Uniti e dal governo della contea di Boulevard. Così, nella primavera del 1974, un numeroso gruppo di volontari a bordo delle proprie imbarcazioni e guidati dalla USS Thrush, si prese l’onere di depositare sul fondale marino 2 milioni di pneumatici legati con clip di acciaio, ricoprendo una superficie di 150 mila metri quadrati a una profondità di 20 m. L’idea era di riciclare i vecchi pneumatici creando una struttura artificiale, dove gli organismi marini avrebbero potuto crescere.

IL FALLIMENTO. All’inizio degli anni 2000 fu però evidente che questa impresa si era trasformato in un disastro ecologico. Il problema principale era costituito dal tipo di ancoraggio che non aveva tenuto conto della mobilità dei copertoni dovuta alle correnti tropicali e agli uragani che hanno impedito la crescita di qualsiasi organismo. Le forti correnti oceaniche hanno inoltre portato gli pneumatici a scontrarsi con la barriera corallina naturale che si trova ad appena 20 metri di distanza, provocando gravi danni. Come se ciò non bastasse, non sono state prese precauzioni sufficienti per rendere i materiali non tossici, così negli anni lo sciogliersi di plastica e cavi di nylon ha inquinato le acque. Dal 2007 la marina americana ha iniziato a rimuovere gli pneumatici ma adagiati sul fondo del mare ne rimangono ancora più di 700 mila.