rimborsi chilometrici
Bicicletta

Rimborsi chilometrici per chi si sposta in bicicletta: chi paga in Italia?

In Europa ci sono alcuni Paesi in cui è ormai norma comune incentivare le persone che si recano a lavoro in bicicletta, riducendo così l’inquinamento ed il traffico. Ma prima di guardare a questa erba verdissima in alcuni giardini oltre alle Alpi, guardiamo invece un po’ com’è la situazione a casa nostra: in Italia esistono dei rimborsi chilometrici per chi decide di lasciare a casa l’automobile e lo scooter per andare a lavoro in bicicletta? Beh, praticamente la risposta è negativa: né il governo italiano né le grandi città si sono infatti mosse in questo senso. L’unico caso da cui trarre esempio sarebbe infatti da localizzare in un’iniziativa del comune lucchese di Massarosa, il quale nel 2015 ha deciso di istituire i rimborsi chilometrici per i 50 lavoratori che percorrevano le maggiori distanze in bicicletta ogni singolo giorno.

I rimborsi chilometrici di Massarosa, più unici che rari

Ma come è stato possibile realizzare un’iniziativa come quella di Massarosa? I rimborsi chilometrici sono stati messi in campo grazie ad un’applicazione per smartphone in grado di monitorare le distanze percorse, così da poter pagare 25 centesimi per ogni chilometro effettivamente percorso, fino ad un massimo mensile di 50 euro a persona. Il bello è che il comune toscano ha deciso di finanziare questa iniziativa sostenibile con un fondo di 30mila euro, provenienti dalle multe e dalle contravvenzioni effettuate dai vigili urbani.

I buoni mobilità di Bari

Quello di Massarosa, dunque, è l’unico esempio concreto italiano di rimborsi chilometrici. Qualcosa di simile, ma allo stesso tempo molto diverso, sta invece prendendo forma a Bari: qui non si parla però di rimborsi chilometrici quanto invece di ‘buoni mobilità‘. Il comune pugliese starebbe infatti pensando ad istituire un sistema di sconti per chi decide di spostarsi sulle due ruote oppure a piedi anziché utilizzare dei mezzi inquinanti. Questi sconti, se l’iniziativa dovesse effettivamente concretizzarsi, potrebbero poi essere spesi dai cittadini per acquistare degli abbonamenti al trasporto pubblico, per l’acquisto di biciclette e per avere delle riduzioni delle tariffe di car-sharing e bike-sharing.

Il Belgio, pioniere dei rimborsi chilometrici per ciclisti

rimborsi chilometrici

I veri e propri rimborsi chilometrici per chi va a lavoro in bicicletta, invece, sono in Belgio: qui esistono infatti fin dal 1999, un’epoca in cui una tale proposta in Italia sarebbe stata guardata decisamente di traverso. In totale, è circa il 10% dei lavoratori ad avvalersi di questa singolare indennità, un esercito di ciclisti che nel solo 2015 ha percorso complessivamente 420 milioni di chilometri sui pedali. Non è ovviamente dato sapere quanti di questi chilometri siano effettivamente da ricondurre ai rimborsi chilometrici (che ammontano a 23 centesimi per chilometro) e quanti invece verrebbero in ogni caso percorsi in bicicletta. Fatto sta che gli iscritti all’iniziativa continuano a crescere di anno in anno: dal 2011 al 2015, per fare un esempio, gli aderenti ai rimborsi chilometrici sono cresciuti del 30%.

I casi della Francia e del Lussemburgo

Il primo e finora unico Paese europeo a seguire l’esempio del Belgio, seppure in ritardo ed in forma ridotta, è stata la Francia. Qui infatti il sistema di rimborsi chilometrici è stato introdotto per i soli dipendenti delle aziende private, ed è stato stabilito in anticipo un limite massimo annuale di 200 euro cumulativi per ogni singolo dipendente. I datori di lavoro, da parte loro, non sono tenuti a pagare i contributi sull’incentivo predisposto, mentre i lavoratori non pagano alcuna imposta su questo reddito. Totalmente diverso ma forse più interessante il discorso per quanto riguarda il Lussemburgo: qui infatti si è deciso – all’interno di una recente riforma fiscale – di offrire in leasing gratuito ed esentasse ai propri dipendenti una bicicletta ‘aziendale‘ da utilizzare negli spostamenti tra casa e lavoro,