rinnovabili hanno superato i combustibili fossili
Energie

L’inverno in cui le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili

Di certo l’inverno tra il 2022 e il 2023 sarà ricordato per tanti motivi: per il protrarsi della guerra in Ucraina, per l’emergenza siccità in tante parti d’Europa, e ovviamente per la crisi energetica. Proprio la necessità dei paesi europei di rendersi indipendenti dal gas russo ha portato più di ogni altra cosa all’aumento dei prezzi dell’energia, tanto che nel corso del 2022 ci si è domandati più volte come sarebbe stato possibile affrontare l’inverno successivo. Ebbene, oggi sappiamo come il continente ha affrontato i mesi freddi, quelli in cui si ha normalmente maggiore necessità di combustibili fossili per riscaldare le case, gli ambienti di lavoro e via dicendo. Sappiamo che fortunatamente i costi delle energie hanno raggiunto il loro picco prima dell’arrivo effettivo della stagione fredda, e sappiamo anche che le emissioni del settore energetico UE durante l’inverno sono state decisamente più basse rispetto alla media. Il motivo è semplice: in risposta alla crisi energetica, questo inverno finalmente le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili.

2022/2023: il primo inverno in cui le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili

A confermare il cambio di passo è stato il think tank energetico Ember: è a partire dalle loro analisi che è possibile affermare che quello trascorso è stato il primo inverno in cui le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili in Europa. In risposta a tutto quello che è successo durante il 2022, tra ottobre e marzo 2023 la domanda di energia generata utilizzando combustibili fossili si è ridotta del 12% rispetto all’inverno precedente. Conti alla mano, le fonti rinnovabili hanno prodotto il 40% dell’energia consumata dall’Unione Europea nel semestre invernale, laddove invece i combustibili fossili si sono limitati a generare il 37% dell’elettricità. Mai prima d’ora erano state raggiunte delle proporzioni di questo tipo; e per l’appunto le conseguenze sono concrete, con le emissioni invernali più basse di sempre.

La produzione di energia da gas, carbone e nucleare

Se confrontata con la produzione di carbone dell’inverno 2021/2022, quella dell’inverno 2022/2023 è diminuita dell’11%, con 27 TWh in meno; per il gas si parla invece di un 13% in meno, pari a 38 TWh. Va peraltro detto che durante i mesi in esame è calata rispetto all’anno prima anche la produzione di energia nucleare, per via dei problemi che hanno coinvolti le centrali francesi obbligando a mantenere quasi la metà dei suoi reattori inattivi. Non si parla invece di danni o limiti tecnici per quanto riguarda gas e carbone: la domanda si è ridotta per altri motivi, da quelli di natura geopolitica per arrivare ai connessi aumenti iperbolici dei prezzi.

Guardando alla produzione di energia elettrica da carbone in Europa, questa è stata coperta al 70% dalle centrali di Polonia e di Germania. E se è vero che Italia, Ungheria e Finlandia si sono mosse al contrario rispetto al resto del continente, incrementando la produzione di carbone, è vero anche che non c’è stato un reale ritorno all’oro nero: in media le centrali a carbone riattivate sono infatti state sottolutilizzate (al 27% della loro capacità).

La riduzione del consumo energetico

Di certo quello in cui le rinnovabili hanno superato i combustibili fossili è stato un inverno mite. Ma è pur sempre vero che i tagli alla domanda energetica hanno permesso all’UE di risparmiare circa 12 miliardi di euro di elettricità. Tutti i Paesi europei, eccezion fatta per la sola Irlanda, sono riusciti a tagliare del 5% i propri consumi di energia nelle ore di punta; Grecia, Slovacchia e Romania sono riusciti a raggiungere il taglio del 10% (peraltro fissato dall’UE stessa). Per gli anni futuri, però, sarà fondamentale aumentare velocemente la produzione di energia rinnovabile.