smart working fa bene all'ambiente
Inquinamento

Lo smart working fa bene all’ambiente? Non sempre

Come è noto l‘emergenza sanitaria ha portato a una grande e altrimenti impossibile diffusione dello smart working, in Italia come in altri paesi. La pandemia ha quindi avuto l’effetto collaterale di accelerare vorticosamente l’evoluzione dei nostri modelli di lavoro, imponendo un lavoro da remoto emergenziale che ha aperto le porte al lavoro agile vero e proprio. Guardando ai primi 12 mesi a partire dal lockdown del 2020 in Italia si sono contati circa 5,37 smart worker. Con il venir meno delle restrizioni il numero di lavoratori da remoto è andato via via diminuendo. Ma sono molte le aziende che hanno deciso di mantenere almeno in modo parziale il lavoro agile, permettendo quindi ai propri dipendenti di lavorare lontani dall’ufficio per uno, due o tre giorni alla settimana, spesso con una reale libertà in tema di orari. Non ci sono dubbi: attualmente offrire il lavoro agile ai propri dipendenti è fondamentale per ottimizzare il proprio employer brand, e quindi per essere visti come buoni datori di lavoro e avere meno problemi nell’assumere nuovi talenti. L’azienda, da una parte, può ridurre i costi di gestione degli uffici, ridurre gli spazi e contare su dipendenti più sereni; i lavoratori hanno maggiore libertà, possono conciliare vita professionale e vita privata, e via dicendo. Insomma, ci sono benefici per entrambi le parti in gioco, e anche il pianeta sembra guadagnarne. Sono infatti tantissimi gli studi che hanno dimostrato, negli ultimi anni, che lo smart working fa bene all’ambiente. Ma è davvero così?

Lo smart working fa bene all’ambiente: i dati

A una prima vista sembrerebbe scontato affermare che sì, lo smart working fa bene all’ambiente. Lavorare da casa permette infatti di ridurre in modo drastico le emissioni legate agli spostamenti in auto o con altri mezzi tra casa e ufficio, e dà inoltre la possibilità di tagliare l’energia necessaria per riscaldare o raffreddare i luoghi di lavoro. Non è un caso se persino la Commissione Europea abbia deciso, nel maggio 2021, di chiudere metà dei propri uffici a Bruxelles, anche e soprattutto per una faccenda di sostenibilità. Uno studio della IEA (International Energy Agency) ha dimostrato che per tutte le persone che devono coprire più di 6 chilometri per raggiungere l’ufficio in auto il lavoro da casa fa bene all’ambiente, nonostante l’energia consumata presso la propria abitazione. E tutti questi sono risultati molto positivi, tanto più che sempre la IEA stima che circa un quinto di tutti i lavori a livello globale potrebbe essere svolto tranquillamente da casa. Se tutti questi lavoratori decidessero di lavorare dalla propria abitazione per 3 giorni alla settimana sarebbe possibile risparmiare circa 80 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, ovvero pressappoco quanto inquina ogni anno uno stato come il Cile. A partire da questi studi, la diffusione del lavoro agile potrebbe essere preziosa per aiutare a restare al di sotto dei fatali 1,5 gradi centigradi di aumento delle temperature.

Il lavoro agile non è automaticamente un bene per il pianeta

Ci sono però anche alcuni studi che hanno voluto andare ancora più in profondità, per capire se davvero lo smart working faccia automaticamente bene all’ambiente. In certi casi il lavoro da remoto potrebbe infatti portare anche a un incremento dell’energia spesa. Lavorare in smart working potrebbe per esempio portare molte persone a vivere più lontano dall’ufficio, fuori città, così da rendere più lungo il tragitto per quei giorni settimanali in cui si decide di lavorare in sede. Gli smart worker potrebbero inoltre aumentare i propri viaggi annuali – potendo lavorare anche altrove – finendo per inquinare più di quanto accadrebbe in un normale periodo di lavoro. In molti casi, poi, le aziende che sposano il regime di smart working mantengono comunque i propri spazi di lavoro aperti, non riuscendo di conseguenza a ridurre concretamente i consumi.
Uno studio del 2021 dell’UK’Carbon Trust ha per esempio dimostrato che i lavoratori tedeschi che durante l’inverno si recano a lavoro in treno producono una mole di emissioni molto minore rispetto ai colleghi che lavorano direttamente da casa, per via dell’energia spesa a livello domestico per riscaldare il proprio appartamento. Detto questo, lo stesso studio ha dimostrato che il lavoro di casa in Europa, in media, ha permesso di ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Si capisce quindi che sì, il lavoro agile fa bene all’ambiente: per assicurare e massimizzare i risultati, però, sarebbe bene poter contare su abitazioni efficienti, mezzi di trasporto sostenibili, quartieri residenziali con tutti i servizi necessari e via dicendo.