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Urbanistica

Stop alla cementificazione entro il 2050: oggi si consumano 7 metri al secondo

Fino ad oggi, in Italia, l’edilizia ha vissuto più o meno agiatamente sul consumo progressivo delle periferie, divorando una quantità di suolo impressionante: per come stanno adesso le cose, infatti, il cemento viaggia ad un ritmo forsennato, ricoprendo in media 7 metri quadrati di suolo italiano ogni secondo. Come ha dichiarato Chiara Braga, responsabile ambiente del Partito Democratico,

«fino a oggi ci siamo giocati una superficie che nell’arco di una giornata corrisponde a circa 80 campi da calcio e che ha fatto salire al 7% del territorio nazionale la quota di suolo consumato».

Un avanzamento ormai inaccettabile, contro la quale finalmente il Parlamento ha voluto mettere un freno: proprio l’onorevole Braga è stata la relatrice di una legge che vuole azzerare la cementificazione entro il 2050, approvata dalla Camera dei deputati con 256 sì, 140 no e 4 astenuti.

Ai Comuni il compito di fermare la cementificazione

Insomma, è ora di cambiare il modus operandi dell’edilizia: non più concentrata sul sistematico saccheggio del suolo verde, bensì volta alla riqualificazione delle strutture già esistenti. Per fare ciò ovviamente è necessario dare il via ad un regime fiscale che agevoli e premi le ristrutturazioni. Garanti e custodi della protezione del suolo italiano saranno i Comuni, i quali, come spiega l’on. Braga,

«nelle loro scelte di pianificazione, dovranno fornire un’adeguata motivazione rispetto a nuove scelte di espansione, dando priorità assoluta alla rigenerazione delle aree già urbanizzate».

E gli stessi comuni, in virtù di un emendamento redatto dal presidente onorario di Legambiente Ermete Realacci, saranno dovuti a realizzare un censimento di tutti gli edifici del proprio territorio dismessi o abbandonati. Fino a quanto esisteranno edifici inutilizzati e in stato di abbandono, infatti, un comune non potrà consumare altro suolo, così da salvaguardare il terreno non edificato.

Una legge tanto attesa

Per proteggere la bellezza paesaggistica del nostro paese, l’attività agricola e l’ambiente stesso, questa sacrosanta legge ha tardato probabilmente fin troppo. Così giudica infatti la legge il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina:

«l’Italia ha bisogno di questa legge anche per colmare un gap rispetto ad altri paesi, tutelando la nostra agricoltura, conservando il paesaggio e stimolando l’edilizia di riuso e la rigenerazione urbana con il recupero di aree già occupate e strutture già esistenti».

Di tutt’altro avviso sono invece gli esponenti del Movimento 5 Stelle, i quali hanno lamentato tra l’altro la mancata efficienza di questa legge, che lascerebbe troppi margini durante i primi tre anni di fase transitoria.