Bevande di recupero: dal siero di tofu arriva il Sachi
Riciclo rifiuti

Bevande di recupero: dal siero di tofu arriva il Sachi

L’industria alimentare genera ogni anno quantitativi enormi di scarti. Parliamo di quelli derivanti dal ciclo produttivo dei cibi e di quelli che si realizzano in casa, gettando nell’immondizia i rifiuti. Lo stesso avviene, ma su più larga scala, nei supermercati. La corsa al riuso è stata avviata ormai da tempo e sono in molti a battersi in prima fila per offrire prodotti realizzati con materie prime riciclate. Come nel mondo del cibo, anche in quello delle bevande di recupero, le cose si stanno muovendo in direzione di una maggiore attenzione all’ambiente. Vi abbiamo raccontato, ad esempio dell’impiego di acqua piovana o estratta dalla nebbia nella lavorazione di alcune particolari birre. Per non parlare dei drink analcolici Canvas, il cui ingrediente principale è il grano di scarto della birra stessa. Oggi, invece, vi presentiamo il Sachi, una nuova bevanda prodotta a Singapore dal siero di tofu.

Il siero di tofu diventa un drink alcolico e fruttato

Ideato in seno alla National University of Singapore grazie al lavoro del professore associato Liu Shao Quan, il Sachi è una via di mezzo fra vino e sake. Presentato di recente a New York, durante un incontro preparato per la stampa, ricorda nell’aspetto il vino bianco ed il sake nel gusto. Chi l’ha provato, infatti, lo descrive come molto fruttato e dolce. Il nome è ispirato ad una parola giapponese che ha il duplice significato di “fiori” e “saggezza”, scelto perché la cultura nipponica esercita un forte fascino e una notevole influenza su Singapore. Come altre bevande di recupero, la lavorazione del Sachi prevede una fermentazione, necessaria a trasformare lo zucchero in alcol. In questo caso, però, si parte dal siero di tofu, un prodotto di scarto nella lavorazione del noto alimento. Questo siero è in tutto e per tutto un rifiuto. In più, presenta un odore sgradevole ed è pieno di batteri, capaci di inquinare profondamente le acque nelle quali dovesse venire gettato. Recuperandolo, oltre a usare una sostanza di scarto molto economica, si impedisce a tale prodotto di danneggiare seriamente l’ambiente.

Bevande di recupero: come si produce il Sachi?

Il professor Liu Shao Quan ha dichiarato alla stampa che l’intero ciclo di trasformazione del siero di tofu in Sachi dura circa 3 settimane. Tale sostanza di scarto si forma durante il processo di coagulazione del latte di soia che dà origine al tofu solidificandosi. A sua volta, tale passaggio avviene dopo aver messo in acqua e macinato i semi di soia. La sostanza viene poi raccolta e viene sottoposta a pastorizzazione con lo scopo di eliminare tutti i batteri presenti. Contemporaneamente, si aggiunge lo zucchero e i lieviti necessari per far partire la fermentazione alcolica. Dopo un breve periodo di riposo, il Sachi è pronto. Fra le bevande di recupero, quest’ultima ha una vita abbastanza breve: congelata, può resistere fino a 4 mesi ma, una volta portata a temperatura ambiente va consumata in fretta. In tal senso, è intenzione del professor Liu Shao Quan allungare i tempi di conservazione almeno fino a 9 mesi, requisito necessario per poter introdurre il Sachi sul mercato.

Non solo Sachi: ecco la WasteNot Beer

Presentata una prima volta nel 2015, la WasteNot Beer nasce da un’idea dello chef americano Mario Batali in collaborazione con il mastro birraio Sam Calagione. Ispirata al progetto WastED dello chef Dan Barber, questa bevanda nasce sulla scia del pruno. Detto anche “vino dei carcerati”, il pruno non è altro che un drink alcolico prodotto con quello che si ha a disposizione e, proprio per tale motivo, molto diffuso nelle carceri. La versione di Batali del tradizionale drink prevede l’utilizzo di pomodori, uva marcia, pane raffermo e, ovviamente, zucchero. Presente anche nella birreria dello store Eataly di Chicago, la birra WasteNot sta riscuotendo un notevole successo fra la clientela.