città aumentata
Urbanistica

Al di là della Smart City, parliamo di città aumentata: intervista a Maurizio Carta

Qualche giorno fa abbiamo parlato dell’appuntamento trentino del tour nazionale di GIOIN, a Rovereto, dove si è parlato smart cities: all’evento organizzato da Digital Magics hanno partecipato alcune delle più innovative start-up trentine operanti nel mondo dell’economia circolare e nel settore delle città intelligenti, le quali hanno avuto così l’opportunità di incontrare potenziali investitori e top player del mercato italiano. Si è parlato di sostenibilità, di urbanistica, di Big Data, della gestione dei rifiuti, delle rinnovabili, insomma, di tutto quello che saranno e potrebbero essere le città del futuro. Punto focale della tappa trentina di GIOIN è stato il keynote speech di Maurizio Carta, professore ordinario di Urbanistica dell’Università degli Studi di Palermo. Il suo intervento è stato incentrato sull’evoluzione delle smart cities in augmented cities, così come esposto tra l’altro nel suo ultimo libro, Augmented City. A Paradigm Shift. Abbiamo dunque parlato con lui della cosiddetta città aumentata, ovvero senziente e reattiva.

città aumentata

Glielo avranno domandato moltissime volte ma… che cos’è una smart city?

Fino a ieri avrei potuto rispondere che ‘la smart city è la risposta ai problemi della città città’, ritenendo che una poderosa immissione di una certa tecnologia nella città permettesse di risolvere i problemi della città. E fino a ieri, per l’appunto, questa è stata la mia convinzione. Oggi io credo però che una risposta di questo tipo non sia completa, tanto è vero che io parlo di augmented city, di città aumentata, quindi non soltanto di un’immissione di tecnologia digitale nelle città così come le conosciamo, ma di una profonda rivoluzione del modo in cui progettiamo le città, ma anche del modo in cui le viviamo. Per mettere in atto questa rivoluzione dobbiamo però utilizzare tutte quelle innovazioni che possono davvero trasformare le nostre città: pensiamo per esempio all’importanza di utilizzare meglio i sensori che sono ormai diffusi ovunque. Oppure pensiamo a quanto può essere importante utilizzare quell’intelligenza distribuita che è contenuta nei nostri smartphone per poter vivere meglio la città, per potersi muovere con più efficienza, per poter controllare meglio il consumo dell’energia e così via.

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Dunque quali sono gli attori principali che dovrebbero entrare in gioco in questa rivoluzione?

Una città aumentata a mio avviso è una società open source, una città in cui gli tutti gli attori devono cambiare il proprio modo di agire. È un po’ come la scrittura di un codice aperto, in cui l’attore istituzionale deve scrivere una buona parte di codice ma non tutto, perchè poi anche gli altri attori – come per esempio le imprese, i gestori dei servizi energetici e i gestori dei servizi dei rifiuti – devono scrivere la loro parte. E altrettanto devono fare i cittadini, non più utenti passivi ma attori di questa trasformazione. Parliamo dunque anche di una nuova etica, di una città più collaborativa.

Ci sono dei modelli di città a cui guardare a livello internazionale?

Sì, ne abbiamo molti, ci sono infatti molte città a livello internazionale che stanno applicando questo tipo di visione. Penso per esempio a Barcellona, a Parigi, ma anche a Friburgo, città tedesca che ormai può vantare dei quartieri che producono 4 volte l’energia elettrica di cui hanno bisogno, attraverso ovviamente l’impiego di impianti di generazione di energia sostenibile e rinnovabile. Anche in Italia abbiamo però degli esempi da seguire con interesse, come la città di Matera, che ha lavorato molto nella creazione di spazi condivisi per il coworking e cohousing. Queste iniziative, tra l’altro,  sono stati tra gli elementi vincenti nella sua candidatura a capitale europea della cultura 2019. E gli spazi condivisi sono un tratto fondamentale di una città aumentata, in quanto hanno un ciclo di vita molto più lungo, riuscendo infatti ad essere utilizzati lungo tutto l’arco della giornata e dell’anno. Ma se penso a degli esempi di città aumentata penso anche a Detroit, la quale ha vissuto una delle più drammatiche riduzioni demografiche dopo la scomparsa dell’industria automobilistica: oggi questa città sta però diventando uno dei centri all’avanguardia dell’agricoltura urbana. E non a caso quello del ritorno all’agricoltura è uno dei temi più importanti all’interno della visione delle città aumentate ed intelligenti, città che ritornano ad essere produttive e anche resilienti, quindi in grado di assorbire meglio gli shock ambientali e climatici a cui sono sottoposte. Possiamo dire che la città aumentata è tutto questo, il mettere insieme queste innovazioni e queste pratiche seguendo un nuovo pensiero urbanistico.

Dunque in quale misura una città aumentata è anche una città sostenibile?

Sta proprio nella resilienza delle città aumentate la loro capacità di essere sostenibili, di adattarsi agli shock climatici piuttosto che agli shock sismici. È sostenibile perché torna ad essere produttiva, non è più una città che si basa sui servizi, ma è una città che porta dentro la nuova manifattura 4.0, un tipo di manifattura che infatti può stare dentro alle città: non c’è più bisogno di espellerla fuori dai centri urbani. Parliamo comunque di una sostenibilità integrata, che attraversa dunque la sostenibilità ecologica, sociale, economica, e culturale.