UpSens, Monitoraggio domestico dell'aria
Inquinamento

Monitoraggio domestico dell’aria: al via il crowdfunding di UpSens

Tra le quattro pareti della nostra casa, tra le mura del nostro ufficio, tra i banchi della scuola oppure seduti al ristorante: il solo fatto di essere circondati da solide pareti e di poter contare su un tetto ci fa sentire al sicuro. Lontani dal caos del traffico, lontani dai capricci del meteo, e sì, lontani dall’inquinamento. Ma è davvero così? Chi si occupa del monitoraggio domestico dell’aria dice esattamente l’opposto. L’inquinamento indoor è infatti una innegabile realtà, fatta di sostanze pericolose come il particolato, il biossido di azoto, il benzene e la formaldeide, per non parlare poi delle minacce dei campi elettromagnetici. Facile sottovalutare queste agenti invisibili, ma i sintomi dell’esposizione all’inquinamento indoor, a prescindere dal monitoraggio domestico dell’aria, sono spesso inconfondibili: parliamo infatti di emicranie, di tosse, di mal di gola, di dermatiti e di bruciore agli occhi. E non è tutto qui: stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno nel mondo si contano 4 milioni di decessi legati proprio all’esposizione all’inquinamento in ambienti chiusi.

In Italia 200 milioni di euro all’anno per patologie legate all’inquinamento indoor

Mediamente, una persona trascorre venti ore al giorno al chiuso, inalando 15 metri cubi di aria. Dati alla mano, dunque, il monitoraggio domestico dell’aria sembra un’opzione da non sottovalutare assolutamente. Basti pensare che uno studio condotto dai ricercatori della George Washington University, esaminando delle normali abitazioni, hanno individuato 45 differenti sostanze chimiche dannose presenti nel 90% dei campioni di polvere analizzati. Ma le ricerche di questo tipo non ci sono solo oltreoceano: basti pensare che in Italia il Piano Nazionale di Prevenzione «ha stimato in 200 milioni di euro l’anno i costi sanitari delle patologie legate all’inquinamento indoor, particolarmente pericoloso per bambini, donne in gravidanza e persone che già soffrono di altre malattie». Così si è espresso, senza mezzi termini, il coordinatore del gruppo di studio nazionale sull’inquinamento indoor dell’Istituto Superiore della Sanità, Gaetano Settimo.

I sensori per il monitoraggio domestico dell’aria

E mentre le ricerche dimostrano la necessità di un attento monitoraggio domestico dell’aria, c’è chi si dà da fare per realizzare dei sensori intelligenti capaci di tenere davvero sotto controllo l’inquinamento indoor. Parliamo ovviamente della startup trentina del Progetto Manifattura UpSens, la quale ha lanciato una campagna di crowdfunding per due innovativi sensori per il monitoraggio domestico dell’aria. I due dispositivi si chiamano Air e Wave: il primo è stato realizzato per analizzare la qualità dell’aria indoor, mentre il secondo è volto a rilevare la presenza di campi elettromagnetici. Come ha spiegato Ketty Paller, Ceo di UpSens,

«WAVE e AIR hanno la funzione di monitorare i parametri ambientali e rilevare i campi elettromagnetici dannosi o emissioni di gas nocivi come COV (composti organici volatili) o CO (monossido di carbonio), che possono causare malattie respiratorie, degenerative, oltre che aumentare l’incidenza di certi tipi di cancro»

La campagna su Indiegogo

Con la campagna di crowfunding su Indiegogo sono dunque stati aperti i preordini: gli utenti che sottoscriveranno la campagna riceveranno in esclusiva – entro la fine del 2017 – i sensori Air e Wave, così da poter accedere al monitoraggio domestico dell’aria senza alcuno sforzo. Il lato più interessante di questi sensori lanciati da UpSens è che sono portatili, e consentono così a chiunque di analizzare non solo l’aria del proprio appartamento, ma anche quella del proprio posto di lavoro, oppure l’aria che respirano i propri figli all’interno delle scuole. E non è tutto qui: per garantire davvero un miglioramento dell’aria indoor UpSens sta progettando la creazione di un database condiviso in cui raccogliere i dati relativi alla qualità dell’aria ‘domestica’ di determinate zone geografiche, così da poter poi consigliare al meglio gli utenti della community. «In questo modo» ha spiegato Paller «si può contribuire a creare una consapevolezza collettiva sullo stato di salute dell’abitare».