ndc regno unito
Cambiamento climatico

NDC: il Regno Unito non rispetterà gli impegni sul clima del 2030

Sappiamo tutti qual è l’obiettivo principe degli Accordi di Parigi, così come risultanti dalla Conferenza sul clima tenutasi nella capitale francese nel 2015. La meta è quella di limitare di “ben al di sotto” dei 2 gradi Celsius il riscaldamento medio globale se confrontato con il periodo preindustriale, puntando di fatto a un aumento massimo delle temperature pari a 1,5 gradi Celsius. Sempre più indagini però dimostrrano che si è ben lontani dall’aver messo in campo gli interventi necessari per rispettare questo impegno (secondo l’Ipcc c’è però ancora la possibilità di farcela). Come aveva sottolineato pochi mesi fa un report di Climate Action Tracker (CAT), il periodico Warming Projections Global Update, non sono infatti ancora stati apportati i tagli necessari per avviarsi nella giusta direzione. Nell’indagine si leggeva che «il mondo si sta dirigendo verso un riscaldamento di 2,4°C» dato che risultava il medesimo anche nel report dell’anno precedente, a sottolineare l’assenza di progressi. Risulta quindi interessante vedere quali sono i numeri e i progressi reali di una delle principali economie europee e mondiali, ovvero il Regno Unito: i ministri britannici hanno infatti infatti presentato giovedì l’aggiornamento della propria net zero strategy, a partire dal proprio NDC.

NDC: la situazione nel Regno Unito

Con gli accordi di Parigi, ogni paese è stato chiamato a comunicare i propri “Contributi determinati a livello nazionale”, in inglese Nationally Determined Contributions, in sigla NDC, ovvero i piani che hanno il compito di evidenziare le azioni necessarie per affrontare il cambiamento climatico, nonché gli obiettivi predefiniti nel tempo per tagliare le emissioni di gas serra. L’obiettivo del Regno Unito, come di tanti altri paesi, è quello di raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Per raggiungere questo traguardo, l’NDC britannico prevede di tagliare il 68% delle emissioni entro il 2030, tenendo come base di partenza i livelli del 1990. Non si tratta di un obiettivo di medio termine scelto in modo casuale: è anzi il passo necessario e indispensabile per poter arrivare effettivamente alle emissioni zero entro la metà del secolo. Come dichiarato dal primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak, «i cittadini dovrebbero essere molto orgogliosi del Regno Unito, poiché abbiamo affrontato la decarbonizzazione più rapidamente di qualsiasi altra grande economica. Le nostre emissioni di carbonio risultano ridotte di oltre il 40%, molto più di quanto fatto dagli altri paesi». Ciononostante, sono le stesse analisi del governo a mostrare che le misure intraprese saranno sufficienti per tagliare solamente il 92% delle emissioni richieste: insomma, senza ulteriori cambiamenti, il target non verrà centrato. Chris Venables, del thinkthank Green Alliance, ha spiegato che «le nostre analisi dimostrano che anche il 92% è in realtà una lettura molto generosa. È difficile celebrare una annuncio che dice già di per sé che non si sta facendo abbastanza. Molto semplicemente, questo piano non punta alle emissioni zero».

La controversa strategia messa in campo

Buona parte della strategia britannica per rispettare il proprio NDC fonda sull’uso di dispositivi per la cattura e per l’immagazzinamento dell’anidride carbonica al di sotto dei fondali del Mare del Nord: il governo ha selezionato a questo proposito 8 progetti da finanziare. Si punta inoltre sul nucleare e sull’idrogeno, senza invece andare a togliere il divieto imposto all’eolico onshore, decisione che ha portato con sé parecchie lamentele dal mondo ambientalista. Anche perché, dati alla mano, l’eolico onshore potrebbe garantira una più veloce riduzione delle emissioni rispetto alle tecnologie per catturare l’anidride carbonica.