riduzione della co2
Inquinamento

La tecnologia per la riduzione della CO2 è un fattore indispensabile per fermare il cambiamento climatico

Porre un freno alla vendita delle auto a benzina e diesel per vedere finalmente un parco automobili totalmente elettrico? Non basta. Spegnere tutte le centrali a carbone e sostituirle con degli impianti fotovoltaici ed eolici? Anche questo non è sufficiente. Tassare e multare le industrie per le loro emissioni nocive? No, nemmeno questo può risolvere il problema. No, per fermare davvero il cambiamento climatico non basta smettere di emettere anidride carbonica, no, è necessario trovare una tecnologia per la riduzione della CO2. Centrare gli obiettivi di Parigi e in ogni caso interrompere la drammatica avanzata del cambiamento climatico sembra altrimenti impossibile, mettendo soprattutto in conto il fatto che passerà molto tempo prima che il mondo si possa effettivamente convertire a un’economia sostenibile. Se poi a tutto questo sommiamo anche gli insensati disimpegni relativi alle politiche ambientali, come quello degli Stati Uniti di Trump, il ricorso a una tecnologia per la riduzione della CO2 è ancora più necessario. Fermare il cambiamento climatico diventa sempre più difficile, settimana dopo settimana. Sperarlo di poterlo fare senza una buona tecnologia per la riduzione della CO2, invece, è semplicemente impossibile.

Chi sta lavorando ad una tecnologia per la riduzione della CO2

Partendo dalle basi appena riassunte sono molti i ricercatori e gli imprenditori che, in giro per il globo, stanno investendo tempo e risorse dell’individuazione della migliore tecnologia per la riduzione della CO2. Tra le compagnie che stanno lavorando a questo scopo ci sono la Carbon Engineering in Canada, la Global Thermostat negli Stati Uniti e la Skytree in Olanda, la quale è di fatto una figlia dell’Agenzia Spaziale Europea. Della tecnologia per la riduzione della CO2 più promettente, del resto, abbiamo già parlato: ci riferiamo ovviamente al pionieristico impianto della svizzera Climeworks, la quale ha costruito degli enormi filtri in grado di risucchiare e quindi accumulare l’anidride carbonica, così da liberare l’atmosfera e rivendere il gas.

riduzione della co2I filtri della Climeworks

Una tecnologia per la riduzione di CO2 come quella realizzata da Climeworks, se sviluppata, installata su grande scala e accompagnata da una concreta rivoluzione energetica, ci potrebbe permettere di frenare il cambiamento climatico ed eliminare così le sue conseguenze più deleterie, a partire dalle ondate di calore fino ai fenomeni meteorologici estremi e all’aumento dei livelli del mare. Il piano di Climeworks è quello di catturare l’1% delle emissioni nocive di anidride carbonica prodotte dall’uomo entro il 2025, ma raggiungere questo risultato non sarà per nulla semplice. Con la tecnologia attuale, infatti, risucchiare 1 tonnellata di anidride carbonica costa circa 600 dollari, e si stima che l’impianto in questione, prima della fine del 2017, riuscirà a togliere dall’atmosfera solamente 900 tonnellate, ovvero più o meno quanto prodotto da soli 45 cittadini americani in un anno.

L’ipotesi di schermare i raggi solari ad alta quota

E se la tecnologia per la riduzione della CO2 messa in piedi da Climeworks sembra altamente innovativa e per certi versi strana, cosa potremmo dire del progetto portato avanti ad Harvard dal team di David Keith? I ricercatori stanno infatti sviluppando una tecnologia per riuscire a smorzare i raggi del sole e quindi raffreddare il pianeta, rilasciando nell’atmosfera, attraverso l’utilizzo di uno speciale pallone aerostatico ad elevata altitudine, delle sostanze chimiche come per esempio il carbonato di calcio. La comunità scientifica, però, sembra in ogni modo fare affidamento maggiore sulla tecnologia per la riduzione della CO2 così come presentata dal gruppo di ricerca svizzero Climeworks, anche se va detto che non mancano altre idee ancora più originali: qualcuno sta per esempio cercando di creare delle nuvole ‘artificiali’ per schermare determinate zone del Pianeta, come per esempio la Grande Barriera Corallina in Australia.